Si chiama Covidrisk la prima piattaforma in Italia che aiuta ad orientarsi nell’intricato mondo della ripresa post epidemia. Studiata da un team di ingegneri di Benevento, si occupa di operare una valutazione precisa del livello di esposizione al contagio in tutte quelle attività, private o pubbliche, che hanno riaperto o riapriranno presto al pubblico. A capo del progetto Gianluigi Barretta, che abbiamo raggiunto telefonicamente per capirne un po' di più.
“Io sono un ingegnere, ho una società che lavora prevalentemente nella progettazione di strutture sanitarie, quindi siamo sempre stati abituati a lavorare relativamente al rischio sanitario, quindi il rischio biologico. All’avvio di questa incresciosa pandemia, abbiamo tentato di mettere a sistema le nostre competenze e abbiamo studiato un algoritmo inedito (infatti non c’è niente di equivalente sul mercato) che incroci tutte quante le normative vigenti in questo momento e che in qualche modo dia la possibilità alle aziende di autovalutare il modo di verificare il proprio stato relativamente al rischio Covid. Possiamo poi aiutare gli utenti permettendo loro di geolocalizzare tutte quelle attività che, attorno, utilizzano un protocollo adeguato”.
Come fate a valutare questi rischio?
“Ci sono dei passi guidati, una serie di domande guidate dal nostro algoritmo e che possiamo riassumere in due passi principali: l’analisi preliminare del rischio, quindi valutarlo rispetto a quelle che sono le condizioni dello stato dell’attività, e un’analisi di quali potrebbero essere gli interventi per diminuire il rischio Covid. È proprio un rating che poi il venditore può decidere di rendere pubblico o meno, su questo punto tutta l’attività viene registrata su una piattaforma blockchain, per cui è immodificabile”.
Come mai questa esigenza?
“Perché quando il titolare di un’attività si iscrive, un ristoratore per esempio, fa una sorta di autodichiarazione e queste autodichiarazioni vengono registrate a tutela sia del consumatore sia di un'eventuale concorrenza sleale che possa pervenire da dichiarazioni mendaci fatte da chi si è iscritto alla piattaforma”.
Poi c’è la parte riguardante i clienti
“Esatto, io con un’app posso guardare intorno a me quali sono le attività censite con questo tipo di protocollo. E non solo, c’è una parte del sito dove abbiamo messo un po' di ordine su tutte le direttive nazionali che ci sono; abbiamo fatto un accordo con un team di fisici, statistici, virologi; abbiamo raccolto quelle che sono le informazioni scientifiche o informazioni riguardo la sicurezza sul lavoro, geolocalizzandole. Per cui io, utente, posso orientarmi e capire quali sono le normative vigenti nel posto dove mi trovo”.
Rispetto alle varie regioni per esempio?
“Esatto, perché oggi abbiamo dei regolamenti che sono assolutamente disorganici. Potrei viaggiare fuori dalla Campania e non sapere qual è il regolamento di un’altra regione”
Da dove viene l'idea?
“La mia sensazione è che ci sia molta confusione ed è per questo abbiamo creato una piattaforma aperta. C’è una sezione del nostro sito che recepisce le proposte dei gruppi di ricerca, e dei cittadini, perché ritengo che non essendoci una normativa precisa molto derivi dalla prassi che viene adottata. Oggi non abbiamo delle informazioni di natura quantitativa su questo virus, sappiamo solo qualitativamente quello che va fatto e quello che non va fatto. Per cui sarei un millantatore se ti dicessi che abbiamo trovato la soluzione al problema. La nostra piattaforma si propone come punto d’incontro dove le normative nazionali, la prassi, la sicurezza alimentare, la sicurezza in generale, possano incontrarsi per trovare un miglior modo di essere liberi. Sicurezza per noi significa libertà”.