Il materiale processuale sul pm di Roma Luca Palamara, trasmesso dalla procura di Perugia alla procura generale della Corte di Cassazione, "è composto da un notevole numero di atti, tra cui diverse decine di migliaia di sms e chat, in larga parte di contenuto estraneo all'oggetto delle procedure". È quanto fa sapere la procura generale della Suprema Corte che per "il celere esame di questi atti" ha costituito "un apposito gruppo di sostituti procuratori generali".
Risale al 22 aprile scorso la trasmissione delle carte dell'inchiesta di Perugia e si tratta di "ulteriori atti la cui valutazione è indispensabile ai fini delle considerazioni conclusive sulle azioni disciplinari già esercitate e sulle eventuali nuove azioni da assumere".
La procura generale della Suprema Corte ricorda che è già stata esercitata l'azione disciplinare nei confronti del pm Luca Palamara per il quale è stata chiesta e ottenuta la misura cautelare della sospensione dalle funzioni e dallo stipendio, confermata dalle Sezioni Unite civili della Cassazione il 15 gennaio scorso.
E che è stata esercitata l'azione nei confronti dei componenti del Csm, poi dimessisi, e cioè Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Antonio Lepre, Gianluigi Morlini e Luigi Spina. Quanto a Cosimo Ferri, deputato, "per il quale è stata iniziata l'azione disciplinare", la Consulta - si legge ancora nella nota della procura generale della Cassazione - "ha oggi deciso sul conflitto di attribuzione sollevato dallo stesso parlamentare, dichiarandolo inammissibile".
La polemica sulla giustizia non si placa e anche Lega e Fdi chiedono a chiare lettere che il Presidente della Repubblica intervenga, anche sciogliendo il Csm. Matteo Salvini, dopo il no della Giunta delle Immunità all'autorizzazione a procedere a suo carico, ha ricordato "le intercettazioni di qualche magistrato" su di lui, ha chiesto che "Mattarella sciolga il Csm" e ha proposto una riforma dell'elezione del Consiglio che preveda "l'estrazione a sorte".
Senza entrare nel merito dei provvedimenti, anche Giorgia Meloni ha chiesto che il capo dello Stato prenda una posizione. E dopo la proposta di riforma del Csm da parte di Alfonso Bonafede tutti i partiti hanno rilanciato, anche se ognuno con ricette diverse.
Il Colle vigila, ma non pensa a sciogliere il Csm
La richiesta di sciogliere il Csm, però, non è assolutamente all'ordine del giorno e, tra l'altro, non vi sono precedenti di un presidente della Repubblica che abbia sciolto il Csm. E i motivi sono di merito e di metodo. Il metodo è legato alla lettera della legge istitutiva del Csm, che all'articolo 31 spiega come il Presidente della Repubblica scioglie il Csm "qualora ne sia impossibile il funzionamento", sentiti i presidenti delle Camere e il Comitato di presidenza.
Dunque lo scioglimento, trapela da giorni dal Quirinale, non è un atto politico ma una decisione assunta in caso di blocco della funzionalità del Consiglio. L'impossibilità di funzionamento è determinata dalla mancanza del numero legale, ma l'attuale Csm non ha posti vacanti ed è nel pieno della sua funzionalità.
Le ragioni di merito, poi, riguardano gli attuali componenti del Csm: nessuno è coinvolto nello scandalo che cominciò un anno fa. I componenti del Consiglio interessati dalle intercettazioni, pubblicate un anno fa e in questi giorni, si sono tutti dimessi, sono stati sostituiti da nuovi componenti eletti e sono sotto procedimento disciplinare da parte del Csm.
Anche l'ex procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio, sfiorato dalla vicenda, ha anticipato le sue dimissioni ed è in pensione. Luca Palamara è sospeso da stipendio e funzioni, è soggetto a un procedimento disciplinare davanti al collegio disciplinare del Csm. È sotto inchiesta da parte della Procura di Perugia. Tutti i procedimenti previsti dunque sono stati avviati.
Già lo scorso anno, molti chiesero al Capo dello Stato di sciogliere il Csm, ma il Presidente fece capire che uno scioglimento avrebbe bloccato il processo di riforma del Consiglio, agevolato l'elezione di un nuovo Csm sempre con le vecchie regole (contestate da quasi tutto l'arco costituzionale) e bloccato i procedimenti disciplinari appena avviati. Queste motivazioni non sono mutate; ora si attende che, magari senza grandi indugi, il Csm porti a termine l'iter dei provvedimenti disciplinari e il Parlamento vari una riforma, una volontà espressa già un anno fa ma ancora non divenuta realtà.