Silenzio: padre Adolfo Nicola's, ex superiore generale dei gesuiti, è morto a Tokyo. Già Papa Nero, spagnolo, aveva fatto del Giappone la sua casa e la sua cultura. Non si tratta di un caso eccezionale, dalle parti della Compagnia. Al contrario: la vocazione per l'Estremo Oriente e' in essa radicata quasi quanto l'attaccamento al mondo di lingua spagnola. Con la sola differenza, però, che quest'ultimo è connaturale ad essa, se non altro per logiche facilmente riferibili alla fondazione, mentre la spinta ad est e' qualcosa che somiglia piuttosto ad una scelta di vita.
Non facile strada, quella del Giappone, almeno per diversi secoli. Oggi i gesuiti sono una delle grandi anime del Cristianesimo nell'Arcipelago. Come loro si confà, partono soprattutto dalla cultura: ne ricevono tanta, ne danno altrettanta. A Tokyo da oltre un secolo è attiva la loro università, la Sophia Univerisity. Papa Francesco, che notoriamente proviene dalle file della Compagnia, ha voluto chiudere proprio nelle sue aule il viaggio in Estremo Oriente dello scorso anno. Sembra che da giovane egli stesso avesse pensato a Tokyo come una possibile meta personale di missione.
Un Papa che voleva farvisi missionario, ma anche due generali della Compagnia di Gesù che vi hanno passato lunghi anni. Sono Pedro Arrupe e lo stesso Nicolas. A loro si aggiunga, in posizione defilata ma solo per via delle contingenze, un terzo: padre Giuseppe Pittau. Anche lui, reggente di fatto dei ventimila o quasi gesuiti sparsi per il mondo nell'arco di alcuni anni particolarmente delicati, in Giappone passò tanta parte della sua esistenza.
Solo una cultura raffinata e tagliente come una spada può attirare gente di tale caratura. Perché il Giappone, per i gesuiti, rappresenta in qualche modo la sfida più alta, quella della capacità dell'inculturazione. Bergoglio, dell'inculturazione, ha fatto uno dei punti fondanti del suo pontificato. La spiega citando San Paolo ad Atene: città coltissima e perciò anche pigra alle novità intellettuali quanto spirituali. Paolo vi pronuncio' un discorso tra i piu' importanti in secoli di storia. Ma prima (qui iniziano le parole di Francesco) "volle camminarne le strade, sentire la gente" divenendo parte del gruppo e dell'arredo urbano. Solo dopo, divenuto ateniese tra gli ateniesi, disse la sua.
Lo ascoltarono in pochi, ma non importa. La Provvidenza agisce meglio nel silenzio, come in un film di alcuni anni fa. C'è da scommetterci: se fosse stato necessario, Paolo di Tarso si sarebbe vestito addirittura come un bonzo, per essere ammesso alla corte dei Ming. Ma non toccava a lui: toccava, secoli dopo, a un gesuita inviato in Asia. A ognuno il suo compito. Paolo di fronte all'Imperatore ci sarebbe finito lo stesso, ma in altri luoghi ed altre circostanze.
Questa la breve biografia dell'uomo che ha lasciato oggi il Giappone: Laurea in filosofia a Madrid poi studi in teologia a Tokyo. Ordinato sacerdote, un master in teologia sacra alla Gregoriana, ancora Tokyo a insegnare teologia sistematica. Successivamente direttore dell'Istituto pastorale di Manila, rettore dello Scolasticato di Tokyo e Provinciale del Giappone. Dal 2004, per quattro anni, e' moderatore della Conferenza gesuita dell'Asia Orientale e Oceania. Quando lo eleggono Generale, nella più assoluta discrezione, tutti capiscono che passata la fase di riassestamento della Compagnia avviata con l'olandese Peter-Hans Kolvenbach, si torna a guardare ad Oriente. Benedetto XVI, intento personalmente al dialogo con l'ortodossia slava, ha bisogno di essere aiutato ancora più a est. Le aperture che Francesco ha potuto cogliere a Pechino ancora in questi mesi sono anche frutto di quella scelta.