Un volo della compagnia aerea Neos li ha riportati in Italia, dopo due mesi di permanenza forzata in Costa Rica.
Sono turisti italiani partiti prima che scattasse il lockdown e si chiudessero tutti i voli per il rientro. In sei sono atterrati a Milano Malpensa e dovranno ritornare nelle loro città di residenza, Napoli, Aosta, La Spezia, Roma, Catania e Milano, ma altri connazionali sono ancora nel paese sudamericano.
“Dopo due mesi finisce l’esilio forzato – spiega il presidente dell'associazione no profit Icosit, Mimmo Ragozzino, che ha seguito la vicenda – adesso lanciamo un sos alla Farnesina per altri connazionali che attendono di essere rimpatriati”.
L'allarme era scattato cinque settimane fa, quando un gruppo di italiani si è messo in contatto con l'associazione per una richiesta di aiuto. Tra i turisti bloccati dall'emergenza Covid, anche dei bambini e adolescenti.
“Le richieste di aiuto ricevute dai turisti – spiega Ragozzino - evidenziano che la gestione del loro rientro in Italia, tramite i canali istituzionali, ha trovato enormi difficoltà soprattutto per le modalità e i costi indicati per l’acquisto di nuovi biglietti.
E’ una vicenda che ha dell’assurdo e sulla quale il gruppo di connazionali chiede venga fatta chiarezza al più presto”. Arrabbiati e convinti di essere stati 'sequestrati' all'estero, i turisti rientrati chiedono l'intervento del ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
“A lui riportano anche la richiesta di aiuto di tanti altri connazionali – spiega il vicepresidente Icosit, Elia Mannetta di Baltimora (Usa) - sono ancora ‘prigionieri’ in Costa Rica e in attesa di rimpatrio in quanto mancano voli e denaro”.
“Quando siamo partiti il Governo Italiano assicurava che era tutto sotto controllo – ricorda una dei turisti appena rientrati, Margherita Patrucco, di Aosta - siamo rimasti invece ‘in ostaggio’ per due mesi in terra straniera, abbandonati al nostro destino.
A San Josè è stato il primo impatto pesante con quello che sarebbe diventata ‘pandemia’: i cittadini italiani vengono separati da tutti gli altri, vengono presi i nostri dati, ci vengono misurati febbre e battito cardiaco, compiliamo una autocertificazione di buona salute e mentre cerco di tranquillizzare, spiegando ai miei figli spaventati, quello che sta succedendo, veniamo caricati in un autobus a parte e fatti passare dall’esterno dell’aeroporto per arrivare ai controlli dell’immigrazione svolti in totale assenza di altri passeggeri, solo noi pochi italiani e un paio di asiatici”.
Dai telegiornali gli italiani apprendono che la situazione in Italia si fa sempre più grave, non solo in Italia ma anche in Costa Rica, dove scatta il lockdown.
“Stiamo chiusi in casa – continua Margherita - aspettando pazientemente che arrivi il 22 marzo, ma due giorni prima la compagnia annulla i voli senza avvisarci.
Provo in tutti i modi a contattare la compagnia e finalmente ottengo una data di riprotezione al 4 aprile”.
Anche altri italiani subiscono la stessa sorte: le riprotezioni vengono annullate. Comincia una odissea perché né la compagnia aerea, né l'agenzia di viaggio sanno quando si tornerà a volare.
La signora si mette in contatto con l'ambasciata italiana a San José, come altri italiani, ma le soluzioni proposte appaiono impraticabili, confuse e molto costose. Un'avventura tra voli proposti al limite, con posti limitatissimi e tra una selva di burocrazia. Tornare in Italia può costare anche 2500 euro a passeggero.
“La risposta che abbiamo ricevuto è incredibile – sottolinea Margherita - dobbiamo cercare di prendere i voli proposti, visto che difficilmente ne verranno organizzati altri, senza fare troppe difficoltà.
È davvero troppo”. Così gli italiani in Costa Rica decidono di rivolgersi a Icosit, associazione esperta in sicurezza dei trasporti.
Comincia una intermediazione con il Governo Italiano per sottolineare i casi di necessità e urgenza e in due settimane gli italiani vengono riportati grazie a un volo umanitario con un costo di 650 euro a testa.