È il medico di famiglia, in prima linea nella lotta al Covid, che dovrebbe poter fare direttamente il tampone a un paziente sospetto. E dovrebbe essere lo stesso medico a stabilire l'isolamento precauzionale di un paziente anche prima del test, sulla base di fondati sospetti di contagio visti i sintomi.
È l'appello di Silvestro Scotti, segretario della federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), che ha fatto il punto con l'AGI sulla fase 2 e su cosa bisognerebbe fare per rafforzare davvero la medicina sul territorio.
"Vedo in queste settimane molte palle buttate in tribuna - esordisce - e in tribuna ci siamo noi. In fase 1 ci siamo dovuti organizzare autonomamente: basti pensare che le indicazioni erano di chiamare il 118. Siamo stati noi a dire che forse era meglio chiamare prima il medico di famiglia, proprio per fare da filtro e non intasare gli ospedali con tutti i rischi che sappiamo. E siamo stati noi a iniziare con le terapie off label a domicilio, per esempio l'idrossiclorochina. Poi queste cose sono divenute lo standard. Non vorremmo succedesse anche in fase 2".
La prima questione da rivedere con urgenza, sottolinea Scotti, è "il grosso problema di continuare a ritenere che la certezza della positività sia l'unico presupposto per l'isolamento e la quarantena. Ma io dico, soprattutto ora che non c'è l'influenza stagionale: se viene da me un paziente con febbre, tosse, dolori articolari, perdita di gusto e olfatto, magari difficoltà respiratorie, devo aspettare il tampone per formulare una diagnosi? A questo punto dobbiamo riclassificare come Covid tutti i casi sospetti, salvo poi ovviamente verificare con il tampone. Ma nel frattempo penso sia meglio aver isolato una persona sana per due o tre giorni che aver lasciato 'a piede libero' un malato fino all'esito del tampone".
Ed è sempre il medico di famiglia, insiste Scotti, che "sa più di tutti se la situazione familiare e di domicilio del paziente è compatibile o no con l'isolamento a casa, siamo noi ad averlo visitato, a sapere come vive e con chi vive".
Quanto ai tamponi nello studio del medico, "è una cosa semplicissima, si potrebbero fare in pochi minuti, quantomeno a campione rispetto alla popolazione dei 'sospetti', e questo accorcerebbe molto anche i tempi che intercorrono tra la segnalazione del medico, la presa in carico delle unità speciali, il tampone, l'esame di laboratorio".
Certo servirebbero più dispositivi di protezione, sottolinea Scotti: "Noi oggi siamo costretti a 'sprecarne' tanti, e sapete come? Per fare i certificati di buona salute per il rientro al lavoro. In questi giorni, con l'avvio della fase 2, il 70% degli accessi in studio è per i certificati, che è una cosa ridicola perché io non posso certo certificare che una persona non ha il Covid solo perchè non ha sintomi. Posso solo scrivere che l'ho visitata, che sta bene ma che non ci sono le condizioni per verificare se c'è l'infezione. E intanto, dovendo ovviamente trattare ogni accesso come potenziale paziente Covid, consumo mascherine, visiere, guanti... Ci trattano come burocrati, invece siamo la prima linea. C'è bisogno della nostra azione immediata, tempestiva e congrua, ma servono investimenti sui medici di famiglia".
Invece, attacca il segretario Fimmg, "vedo che si parla sempre di borse di studio per gli specialisti... e i medici sul territorio? Doveva partire un bando di concorso a febbraio-marzo, ma è stato sospeso per l'emergenza. Ma se non entrano i giovani tra poco il territorio sarà vuoto, i medici di famiglia scarseggeranno. Nel mio quartiere, a Napoli, due colleghi vanno in pensione. Non saranno rimpiazzati a breve, il che vuol dire che i pazienti dovranno andare dal medico in un altro quartiere. E poi parliamo di medicina del territorio come prima trincea contro il virus? Io ringrazio il ministro Speranza, che è l'unico che ha a cuore questi temi, ma la politica in generale deve ascoltarci di più, basta lanciare la palla in tribuna".