"Hanno fatto la guerra allo Stato e oggi lo Stato li tratta con un'umanità che loro sicuramente non meritano. Per questo provo molto rancore e delusione, l'indignazione dovrebbe essere collettiva, se non indignazione di Stato". A parlare, in un'intervista all'AGI, è Giovanni Montinaro, figlio di Antonio, il caposcorta di Giovanni Falcone, che con il giudice perse la vita nella strage di Capaci del'92: uno 'sfogo' dopo le scarcerazioni, per motivi di salute, di diversi condannati per mafia che hanno ottenuto la detenzione domiciliare.
"Sicuramente la colpa di tutto questo non si può dare alla legislazione" afferma Montinaro "che è frutto del lavoro di persone che proprio per questo oggi non ci sono più. Voglio però rilevare che la battaglia alla mafia non ha nulla da invidiare a quella che stiamo combattendo contro il coronavirus, è una lotta che dovrebbe essere trasversale e riguardare tutti".
Montinaro spiega di non voler "criticare singole decisioni dei magistrati di sorveglianza, viviamo in uno Stato di diritto, ma" sottolinea "va fatto presente che queste persone che hanno tentato di distruggerlo, oggi usufruiscono di tali benefici. Persone che devono considerarsi fortunate, perché se fossi io a dover prendere certe decisioni, sarei sì d'accordo con l'uscita dal carcere di chi ha patologie contagiose, per tutelare coloro che vivono e lavorano nei penitenziari, ma senza disporre la detenzione domiciliare: riaprirei Pianosa e l'Asinara, come farei per tutti quei pentiti, come ad esempio Giovanni Brusca, che potranno presto uscire dopo l'accordo preso con lo Stato".