Tra quarantacinque minuti e un’ora. Ecco quanto ci vuole perché la caffeina produca il suo massimo effetto energizzante, restituendo tono e vigore a menti e fisici storditi dalla clausura forzata di questi giorni. È, anche qui, spiega all’Agi Giorgio Calabrese, nutrizionista e presidente del Comitato nazionale sicurezza alimentare del ministero della Salute, una questione di “picco”, termine ormai espropriato da chi si occupa dei contagi da coronavirus, ma centrale anche per capire gli effetti del caffè e la tendenza di questi giorni a mettere spesso la moka sul fuoco o, alla George Clooney, la cialda nella macchina per spezzare il sonnolento ritmo divano-tv.
Perché se il rito al bar o alla macchinetta dell’ufficio, simbolo di convivialità, pretesto in tazzina per pause dal computer, incontri amicali, approcci sentimentali e professionali, è stato spazzato via dalle norme anticoronavirus, il caffè impazza, eccome, in casa, con un’impennata dei consumi domestici, e relativa razzia nei supermercati della qualità più alta, l’arabica (lo segnala l’Organizzazione mondiale del caffè).
Uno dei peggiori incubi di noi italiani, insomma, è restare, soprattutto in settimane come queste, senza caffè in casa. Giustamente, perché di effetti benefici, spiega Calabrese, ne ha parecchi, “a patto di non bere più di quattro tazzine al giorno”, raccomanda.
Professore, qual è l’effetto benefico più immediato del caffè in questi giorni da clausura da emergenza coronavirus?
“Il contrasto all’adenosina, un nucleoside che prodotto dal nostro corpo provoca la sonnolenza conferisce al caffè un potere energizzante. Appena si beve entra in circolo circa il 10 per cento di caffeina, il picco si raggiunge dopo tre quarti d’ora circa e nel giro di tre/cinque ore il fegato la degrada, motivo per cui si ha voglia di bere un altro caffè. Ma non è solo questione di sonnolenza, il caffè aiuta anche a tenere su il tono dell’umore.
È il “più lo mandi giù più di tira su” della vecchia pubblicità cult di Nino Manfredi?
“Sempre a patto di non superare le quattro tazzine al giorno, sì: perché la caffeina collabora con la dopamina il neurotrasmettitore coinvolto nel processo del buonumore. Una tazzina di caffè è un buon tramite per la dopamina, le dà insomma più potere”.
Quando è indicato berlo?
La logica suggerisce di bere l’ultima tazzina nel pomeriggio, perché il caffè non è un facilitatore del sonno. Ma è una questione genetica, ci sono persone che possono tranquillamente prenderlo prima di andare a dormire senza nessun disturbo del sonno.
Si dice anche che il caffè allunghi la vita, è una leggenda metropolitana?
È vero, perché il caffè contiene dei potenti antiossidanti come l’acido caffeico e l’acido ferulico e ha quindi il potere di prevenire le malattie vascolari, quelle degenerative come l’Alzheimer e il Parkinson, e anche i tumori perché rinforza il Dna. A un certo punto si è sospettato che potesse provocare il cancro alla vescica, ma poi il caffè stato completamente scagionato dalla Iarc, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Al contrario, il caffè può proteggere dal cancro, il problema non è la sostanza ma la temperatura (estendibile quindi anche alla camomilla, al tè..): se troppo bollente potrebbe provocare tumori alla bocca e all’esofago.
Senta, ma visto che in questi giorni si cucina e mangia tanto, un aiutino a non ingrassare il caffè può darcelo?
“Accelera il metabolismo, e quindi può coadiuvare il dimagrimento e anche limitare in parte la sensazione di fame. Non bisogna però mangiare troppo perchè l’accelerazione del metabolismo potrebbe incidere ben poco. E mai superare le quattro tazzine. Tra l’altro dopo sei caffè siamo già dalle parti del doping”.