Ha combattuto con coraggio per alcuni anni contro una brutta malattia, lavorando sino alla fine, ma si è dovuta arrendere. Giulia Cavallone, magistrato del tribunale di Roma, è morta all'età di appena 36 anni. Il suo ultimo processo, celebrato peraltro a porte chiuse per l'emergenza coronavirus, risale al 26 febbraio scorso.
E non era un processo come tanti altri: era quello a carico degli otto carabinieri accusati dalla procura dei falsi e dei presunti depistaggi compiuti per nascondere gli autori del pestaggio in caserma subito la sera del suo arresto da Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni finito in manette il 16 ottobre del 2009 per detenzione di stupefacenti e deceduto sei giorni dopo all'ospedale Pertini.
Giulia Cavallone era l'orgoglio di papà Roberto, anche lui magistrato. Roberto era stato pm a Roma (dove si era occupato, assieme alla collega Ilaria Calò, della nuove indagini sull'omicidio di Simonetta Cesaroni), poi aveva guidato la procura di Imperia, quindi aveva fatto ritorno nella capitale assumendo l'incarico di sostituto procuratore generale presso la corte d'appello.