Non è detto che i toni apocalittici debbano essere per forza gridati. Al contrario: sono sussurrati, ché di urlare non c'è bisogno. Basta la forza dell'avvertimento, il significato delle parole; poi spetta a chi sente l'obbligo di ascoltare. Per questo quanto detto oggi da Papa Francesco alla Vecchia Europa, che mai come in questi giorni fa di tutto per meritarsi l'appellativo, non e' un semplice richiamo o una esortazione. È un avvertimento declinato limpidamente, e sarebbe riduttivo liquidarlo come un appello alla semplice solidarietà.
Il tempo degli inviti alla buona volontà è finito all'inizio della pandemia di coronavirus. Ora la situazione esige chiarezza e vie indicate per uscire dal deserto. Bergoglio parla dall'altare della Confessione di San Pietro guardando lontano: a Bruxelles e anche a qualche capitale piccola e testarda, o grande quando inane nella sua grandezza. Le une e le altre, lo sappiano, rischiano di mettere in moto un meccanismo devastante e autodistruttivo.
Alla fine, di questo grande sogno di pace e fratellanza tra popoli, rischia di non restare altro se non un ritorno al tremendo passato, al 1944. Orde di politicanti di basso livello sono pronte a profittare dell'egoismo europeo. Già parlano - Francesco lo ripete ad ogni occasione - come Hitler e i populisti degli anni '30.
È un caso dettato dalla liturgia pasquale, ma il Vangelo secondo Giovanni oggi viene letto, in una San Pietro ancora desolatamente deserta, prima in latino e poi in greco. Certo, sono le lingue con cui gli Apostoli si espressero, che costruirono le prime chiese nei porti del Mediterraneo Orientale e poi divennero il verbo della Grande Chiesa paolina. Ma sono anche, che caso, le lingue che, trasformate, ancora adesso si parlano in quella parte d'Europa che più chiede e ha chiesto solidarietà all'Unione, e meno ne ha avuta: pandemia, migranti, bilanci da saldare.
L'altra sera, dopo il suono delle campane che annunciava il Gloria della Resurrezione, il Pontefice ha ricordato la luce del giorno che segue l'ora piu' buia. La riflessione successiva è questa: l'Europa smetta di essere piccola ed egoista, perche' la prima vittima dell'egoismo, dopo i poveri della Terra, sarà lei.
Naturalmente il primo pensiero è per "i malati, coloro che sono morti e i familiari che piangono per la scomparsa dei loro cari, ai quali a volte non sono riusciti a dare neanche l'estremo saluto", come anche "gli anziani e le persone sole".
Francesco è vicino "a chi si trova in condizioni di particolare vulnerabilità, come chi lavora nelle case di cura, o vive nelle caserme e nelle carceri". Segue l'altrettanto naturale ringraziamento ai santi della porta accanto: "Ai medici e agli infermieri, alle forze dell'ordine e ai militari che in molti Paesi hanno contribuito ad alleviare le difficoltà e le sofferenze della popolazione".
Segue quindi un auspicio che è propedeutico a quello che aggiungerà tra un attimo: l'invito ai politici ad essere all'altezza della situazione. Si preparano tempi duri in cui la gente sara' senza lavoro, dispossessata di quello che aveva e non solo degli affetti.
"Incoraggio quanti hanno responsabilità politiche ad adoperarsi attivamente in favore del bene comune dei cittadini, fornendo i mezzi e gli strumenti necessari per consentire a tutti di condurre una vita dignitosa e favorire, quando le circostanze lo permetteranno, la ripresa delle consuete attivita' quotidiane" dice Francesco.
Tono morbido, parole chiare: questo non è "il tempo dell'indifferenza, perché tutto il mondo sta soffrendo e deve ritrovarsi unito nell'affrontare la pandemia". Allora si tolgano le sanzioni a chi deve lottare su piu' fronti (il riferimento e' apertamente all'Iran, da dove alcuni ayatollah hanno chiesto apertamente la mediazione vaticana per risolvere la faccenda), si operi per la pace in tutto il Medioriente, a cominciare dalla soluzione del conflitto arabo-israeliano.
Si agisca in Yemen, in Siria, in Libano, Mozambico. Si sostenga il popolo del Venezuela. Ma soprattutto questa incartapecorita Europa, che mostra tutti i suoi 75 anni ed i duemila che ci sono dietro, ritrovi lo spirito di gioventù e ricordi che, prima dei bilanci usati come scusa, vengono le speranze, gli entusiasmi, la solidarietà. La vita. La Politica.
"Non è questo il tempo degli egoismi, perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone", è il preambolo del ragionamento. "Tra le tante aree del mondo colpite dal coronavirus, rivolgo uno speciale pensiero all'Europa", aggiunge Francesco immediatamente dopo, a scanso di equivoci.
"Dopo la Seconda Guerra Mondiale, questo amato continente è potuto risorgere grazie a un concreto spirito di solidarietà che gli ha consentito di superare le rivalità del passato. È quanto mai urgente, soprattutto nelle circostanze odierne, che tali rivalità non riprendano vigore, ma che tutti si riconoscano parte di un'unica famiglia e si sostengano a vicenda", sono le parole del Papa, "Oggi l'Unione Europea ha di fronte a sè una sfida epocale, dalla quale dipendera' non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero".
Così dicendo, Bergoglio torna ad assegnare al Continente un ruolo centrale che aveva perso con la Guerra Fredda: Europa esempio del mondo, reggitrice dei suoi stessi popoli e modello per gli altri. Una centralita' che lo scorso gennaio era stata sottolineata dal segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, monsignor Paul Gallagher, in una visita al Consiglio d'Europa.
A maggior ragione, insiste oggi il Papa, "non si perda l'occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative. L'alternativa e' solo l'egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni".
Si rischia l'addio alla convivenza, e questo in Europa vuol dire una cosa sola. Chi non vuole tornare al '44 pensi alla ex Jugoslavia. Non e' il momento delle divisioni, degli egoismi, insiste Bergoglio: "Indifferenza, egoismo, divisione, dimenticanza non sono davvero le parole che vogliamo sentire in questo tempo. Esse sembrano prevalere quando in noi vincono la paura e la morte". L'apocalisse non si rivela per forza con un rombar di tuoni.