“Siamo stati travolti da uno tsunami”. In un’intervista a La Srampa l’assessore lombardo al Welfare, Giulio Gallera si dice stupito di “come non si riesca a comprendere cosa sia accaduto dal 20 febbraio” a oggi. E aggiunge: è stata “un'ondata pazzesca e ne siamo ancora dentro. Che qualcuno venga qua a valutare negativamente singoli episodi o singole azioni, lo trovo ingeneroso”.
Quanto alle accuse di lentezza sulla chiusura e il delineare in fretta la zona rossa, Gallera dice che “all’inizio abbiamo condiviso con il governo tutte le scelte, nel solco di un rapporto di collaborazione istituzionale” e che “dopo una telefonata del 3 marzo tra me, il direttore generale Cajazzo e il presidente dell'Iss Brusaferro – prosegue l’assessore lombardo – abbiamo chiesto di chiudere la bergamasca”.
“Ed è stato lo stesso Istituto Superiore a fare un verbale per chiedere al governo che quella zona fosse chiusa” annota Gallera che però dice che “da Roma ci dicono che la decisione è imminente” ma invece Conte “venerdì ci ha detto che stava per fare un decreto con cui domenica avrebbe chiuso tutta la Lombardia facendola diventare arancione”.
Insomma, sarebbe questo lasso di tempo la causa della propagazione del contagio? “Se ci avessero detto subito che non la volevano fare, ci saremmo mossi diversamente. Invece siamo rimasti col cerino in mano”.
Sulla strage degli anziani, poi Gallera difende la posizione della Regione sostenendo di aver chiesto “a queste strutture, che sono private e non dipendono da noi, se erano disposte ad accogliere i convalescenti. Per farlo, le condizioni erano che vi fossero padiglioni isolati o fisicamente distanti dai luoghi in cui venivano ospitati gli anziani. Non abbiamo imposto nulla. Ma se non avessimo alleggerito gli ospedali non avremmo potuto ricoverare altri pazienti” conclude Gallera.