Non si esclude che la Sardegna possa essere individuata come prima regione in Italia per la ripresa di alcune attività, se l'evoluzione dell'epidemia di Covid-19 lo consentirà. Lo hanno ipotizzato virologi come Crisanti, Pregliasco e Burioni che vedono l'isola come un territorio 'pilota' per allentare gradualmente le restrizioni imposte dall'emergenza sanitaria.
Maurizio De Pascale, presidente regionale di Confindustria, ritiene che si potrebbe ripartire “dall'idea vincente di una Sardegna sicura dal punto di vista sanitario". "Basti pensare a ciò che è stato fatto all’aeroporto di Cagliari, primo in Europa", osserva De Pascale, "a dotarsi di impianti di sanificazione per vaschette portaoggetti, sedie a rotelle per l'assistenza ai viaggiatori disabili e per i carrelli dei bagagli”.
“Si potrebbe ripartire, innanzitutto, da tutte quelle attività produttive dei comparti del manifatturiero e industriale, in grado di garantire la salute dei lavoratori", propone il presidente di Confindustria Sardegna. "Un riavvio prima delle altre regioni d'Italia ci darebbe il vantaggio e l'opportunità di riuscire ad avere un'esportazione dei prodotti”.
Secondo Antonio Matzutzi, presidente di Confartigianato Sardegna, “riaprire prima degli altri potrebbe essere un vantaggio perché si darebbe ossigeno a un sistema interno dei consumi, quello domestico, che avrebbe bisogno di energia”. Il comparto artigiano potrebbe ripartire subito con l'edilizia e i lavori pubblici: “Si riavvierebbe almeno il 50% del sistema economico. Il riavvio dei cantieri, magari con una bella dose di sgravi e taglio delle burocrazia", aggiunge Matzutzi, "potrebbe dare quella spinta che sarebbe propedeutica al riavvio generale”.
Differente valutazione, invece, se si analizza la questione delle attività connesse all'export: “I vantaggi potrebbero essere scarsi", ammette il presidente di Confartigianato Sardegna, "considerato che il resto del mondo sarebbe quasi totalmente chiuso. In ogni caso, consumi domestici o meno, è necessario cominciare a parlare del 'dopo', come far ripartire l'isola. Il tutto applicando con disciplina le norme di sicurezza: la battaglia non è finita e non dobbiamo cadere nella tentazione di fare passi falsi”.
Luca Saba, direttore di Coldiretti Sardegna, parte dalla necessità di ragionare su un sistema agricolo che sia realmente orientato sempre di più sulla necessità di fare 'rete'. Se la Sardegna fosse chiamata a fare da 'apripista' nazionale, in questo momento il comparto agricolo regionale potrebbe contare “su alcune filiere che stanno continuando a lavorare e a produrre cibo".
"L’agricoltura", ricorda Saba, "non si è fermata, ma la ripresa potrà essere effettiva solo a patto che si muovano meccanismi di economia circolare”. L'esempio lampante è quello delle tante piccole e medie imprese del vitivinicolo presenti nell'isola che “funzionavano perché fatturavano per il 90% con circuito Horeca, ovvero quello degli hotel, ristoranti e catering". "Ciò significa che se riaprono i ristoranti, ma tutti hanno paura di andarci o non si riprende la stagione estiva", sottolinea il direttore regionale della Coldiretti, "il meccanismo non può funzionare. Per questo noi crediamo molto sull’investimento delle imprese turistiche, perché ne trarrebbe beneficio anche il comparto agricolo e vitivinicolo”.
Tra i settori che, in questo momento, si ritrovano in una condizione di totale incertezza c'è anche quello ricettivo-alberghiero. Paolo Manca, presidente di Federalberghi Sardegna, precisa che “più di altri posti, la Sardegna si potrebbe prestare a essere 'riaperta' prima delle altre regioni, ovviamente, solo con la totale certezza di una sicurezza sanitaria". "Gli operatori turistici sono pronti alla ripresa", assicura Manca. "Ci stiamo tutti già ponendo una serie di prospettive, ragionando e portando avanti una programmazione basandoci su due possibili scenari. Uno è quello più ottimistico, che prevede l’apertura delle attività ricettive tra metà e fine giugno, e l’altro è più pessimistico, con l’ipotesi di non riuscire quest’anno a far partire la stagione turistica”.
Secondo Manca, però, la Sardegna potrebbe 'scommettere' sul vantaggio della sua peculiarità geografica. “Essendo un’isola, può controllare gli accessi e la possibilità, magari, di chiedere ulteriori controlli allo sbarco, per monitorare tutti quelli che arrivano da noi”. Se la stagione turistica non dovesse decollare, secondo il presidente di Federalberghi Sardegna, “si creerebbe un danno dal punto di vista economico ma anche una 'bomba' sociale, legata ai lavoratori stagionali che quest'anno rischiano di non portare a casa un reddito".
"Insomma", conclude Manca, "ci troveremmo con decine di migliaia di disoccupati nuovi che non esistevano”. Non reputa vantaggiosa un'eventuale ripartenza della Sardegna, prima delle altre regioni, Nando Faedda, presidente di Confcommercio Sardegna, che ritiene che tutto debba essere “riaperto nello stesso momento". "Siamo strettamente legati a ciò che avverrà nel resto d’Italia", avverte Faedda.
"Certo, per le attività commerciali, ovviamente, prima si riparte e meglio sarà. A parte l’alimentare, tutto il resto è sostanzialmente fermo. Speriamo che si arrivi presto a una riapertura generale e in quel caso, anche la Sardegna sarà pronta. L’importante, però, è che sia tutto fatto con il presupposto della sicurezza, per evitare di vanificare ciò che è stato portato avanti in questi ultimi tempi”.