Un tessuto sociale ed economico fragile, un sommerso accentuato, l'arte di 'arrangiarsi'. Tutto spazzato via dalle pesanti conseguenze sulle attività produttive dell'emergenza Covid 19. E il il rischio che nell'humus fertile del bisogno e del malcontento, tragga linfa la camorra. A Napoli è corsa contro il tempo per aiutare le fasce deboli, una corsa alla quale contribuiscono anche slanci di generosità individuale e progetti di associazioni da tempo attive in territori difficili. E se il 'panaro solidale' in via Santa Chiara, cuore del centro storico, conquista anche il cuore di Madonna che lo posta nei social commentando 'God bless Italy', c'è anche chi organizza subito aiuti in maniera sistematica e sottotraccia, perché agire velocemente significa sottrarre terreno alle mafie, supportando quanto farà il pubblico.
È la filosofia che muove don Antonio Loffredo e la sua Fondazione di comunità San Gennaro, da sempre alle prese con un territorio "bello ma fragile", il rione Sanità di Napoli. Un'azione cementata da tempo con una sinergia e una collaborazione con la III municipalità, dentro la quale ricade questa zona simbolo di riscatto di un quartiere ma anche del potere dei clan. Per questo, non appena l'emergenza coronavirus ha mostrato il suo risvolto di crisi economica e sociale, la Fondazione ha deciso di attivarsi a sostegno di quelle famiglie che non sono completamente emarginate,ma che non arrivano a fine mese con i magri guadagni spesso di un lavoro saltuario o sommerso, e che si rivolgono per un aiuto soprattutto alle parrocchie. Il progetto 'Nessuno di salva da solo' messo a punto dall'instancabile sacerdote e dai suoi collaboratori e volontari ha due facce. Una coinvolge direttamente le parrocchie del rione e, quelle limitrofe, facendo sì che le famiglie già seguite e conosciute dalle Caritas parrocchiali abbiano assicurati dei voucher da 40 euro la settimana per l'acquisto di beni di prima necessità da commercianti cui settimanalmente o mensilmente queste schede di acquisto vengono rimborsate.
La Fondazione che ha già raccolto 100mila euro da donatori privati per questa specifica attività. I commercianti però lasceranno circa il 10% della somma alla fondazione che rimetterà in circolo quel denaro. Obiettivo è quello di arrivare a sostenere 200 famiglie per tre mesi, ma anche di raccogliere altri 100mila euro che consentiranno di prolungare questa agevolazione per altri tre mesi, "perché noi temiamo che la crisi innescata dal Covid-19 non consentirà ho una ripresa prima dell'estate", dice all'AGI Pasquale Calemme, presidente della Fondazione e uno dei collaboratori più fidati di don Antonio. L'altra frase del progetto ha come target altre famiglie, pure in una situazione di bisogno poco leggibile, ed è quella del 'carrello sospeso', gestita insieme alla municipalità; in negozi di alimentari è possibile infatti fare acquisti e lasciare una parte di ciò che si è comprato.
La rete di volontari della Fondazione raccoglie quotidianamente quanto viene donato e lo porta nella casa famiglia della Pastorale carcerale nel rione, dove i detenuti che godono di questo regime provvedono a stoccare la merce e poi a confezionare i pacchi che volontari porteranno alle famiglie indicate dai Servizi Sociali del Comune e dalle associazioni del territorio. Inoltre, grazie alla solidarietà di alcune aziende, ci sono 10mila litri di disinfettante da confezionare in piccole dosi e da regalare a tutte le famiglie che verranno seguite da questa forma di solidarietà.
Poi c'è L'altra Napoli, l'associazione nata nel 2005 da una idea di Ernesto Albanese e un gruppo di napoletani, i più residenti altrove, che non si rassegnavano al declino e al degrado della città. Un associazione che nel cuore di Forcella, quartiere roccaforte negli anni '80 e '90 di uno dei clan più potenti del capoluogo campano, i Giuliano, e tuttora terreno di scontro fra gruppi di camorra, ha realizzato tanto in questi anni. Ora è di nuovo in campo per fronteggiare il rischio sociale collegato alla crisi economica innescata dal coronavirus. Così, raccolti 150mila euro da privati, intercettati i bisogni attraverso lo scandaglio delle parrocchie e delle reti di volontari già operative sul territorio, ha mappato la realtà dei potenziali esclusi dal welfare delle istituzioni, "lavoratori irregolari, badanti e colf a nero rimaste senza servizio, tutto quel mondo privo di ammortizzatori sociali e che necessitava aiuto economico per sostenersi nel quotidiano", spiega all'AGI Albanese.
Le risorse messe settimanalmente a disposizione di ognuno di questi nuclei familiare variano per la dimensione o per le esigenze particolari, dato che vengono tenute in conto anche patologie come la celiachia o necessità legate a culti religiosi quali ad esempio quelle dei musulmani, ma in media si calcolano 40/50 euro a famiglia per una spesa settimanale. L'obiettivo è sostenere per tre mesi 400/500 famiglie e già da domani si parte con la spesa settimanale di generi di prima necessità che viene recapitata a casa attraverso i volontari. I commercianti riceveranno settimanalmente l'elenco delle persone da assistere e poi, dall'associazione quanto dovuto, per i prodotti consegnati alle famiglie. "Riusciamo a essere efficaci anche perché agiamo in un territorio con dimensioni piccole rispetto una città o un paese, anche se per questa iniziativa abbiamo abbracciato anche realtà del quartiere Pendino e Mercato - sottolinea Albanese - e continuiamo in una collaborazione avviata con la II municipalità".
Nei Quartieri Spagnoli, infine, altra zona martoriata dalle faide di camorra, la Fondazione Foqus ha deciso di impegnarsi in prima linea per far fronte all’emergenza Covid-19 garantendo, già da una settimana, ad almeno 100 famiglie indigenti una spesa di sopravvivenza settimanale. Pane, olio, caffè, patate, biscotti, pasta, passate e zucchero vengono date in buste alle singole famiglie. "Qui, come in altri quartieri poveri, la forzata convivenza è costretta in case di pochi metri quadrati – sottolinea Rachele Furfaro, presidente della fondazione - bambini e adulti vivono in condizioni al limite della resistenza. La mancanza di lavoro in questo periodo, diventa definitiva: non trova soluzioni né provvisorie, né occasionali. Ma soprattutto molte famiglie cominciano a non avere più la possibilità di mangiare. È un’economia da catastrofe quella che rischia di emergere in queste settimane, in alcune parti della città".