Malgrado il coronavirus possa moltiplicare per sei volte il rischio d’infarto, in queste ore un cardiopatico su due evita i controlli per paura del contagio. A rilanciare l'allarme della Società italiana di cardiologia, è Fabrizio Oliva, Direttore di Cardiologia 1- Emodinamica dell'ospedale Niguarda di Milano.
"E' importante, pur in un momento storico di emergenza sanitaria e in cui è bene recarsi il meno possibile al pronto soccorso per evitare possibilità di contagio - sottolinea - ricordarsi che i cardiopatici restano comunque a rischio, soprattutto quelli affetti da cardiopatia ischemica e insufficienza cardiaca. Per cui nel caso si avvertano disturbi quali dolore al petto forte e insistente, specie se associato a dolore al braccio (soprattutto sinistro), sudorazione, malessere intenso, non lo si sottovaluti, perché possono essere i primi sintomi di un infarto miocardico. In questi casi bisogna chiamare il 118 per essere valutati in urgenza".
Il cardiologo di Niguarda ricorda che "pur nella situazione sanitaria complicata in cui ci troviamo sono stati mantenuti i giusti percorsi protetti per i pazienti affetti da problemi cardiologici acuti che necessitano di assistenza in urgenza. In tutta Italia sono regolarmente attive le reti per l’infarto". La Sic ha rilevato che in un campione di 50 unità di terapia intensiva cardiologica dal 12 al 19 marzo ci sono stati 349 ricoveri contro i 693 della stessa settimana del 2019.
Al contrario, il cardiopatico deve restare doppiamente all’erta: la fondazione Angelo De Gasperis, che sostiene il Cardiocenter di Niguarda, ricorda infatti che il soggetto cardiopatico è più vulnerabile nei confronti delle possibili complicanze (soprattutto respiratorie) della sindrome influenzale, in particolare in presenza di insufficienza cardiaca e/o co-morbità come il diabete o le malattie polmonari croniche.