"Va bene aver chiuso fabbriche e uffici ma bisogna adottare il metodo coreano per rintracciare e isolare i positivi. Anche mappando gli spostamenti con il Gps dei cellulari": lo sostiene il direttore del dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, Gianni Rezza, in una intervista a La Stampa. E la privacy? "Lo scriva per favore, sono c..., siamo in guerra e bisogna rispondere con tutte le armi che abbiamo".
Secondo Rezza, bisognerebbe seguire il modello coreano e fare più test per accertare la positività al coronavirus: "Sì. Loro hanno effettuato test rapidi ed estesi ma mirati, utilizzando la mappa degli spostamenti di ciascun positivo accertato, ottenuta utilizzando il Gps dei cellulari. Così sono riusciti a individuare e a isolare i soggetti a rischio. Poi hanno utilizzato le informazioni per creare App che hanno consentito ai cittadini di individuare le aree di maggior transito di potenziali contagiati, così da evitarle o adottare il massimo delle precauzioni. Una strategia efficace che ha consentito di ridurre molto la crescita della curva epidemica. Anche se manca ancora un tassello".
Quale? "Quello della trasmissione intra-familiare. Abbiamo centinaia di migliaia di persone in quarantena perché positive - spiega Rezza - o a rischio di esserlo che in casa non riescono a garantire il distanziamento necessario. Se c'è un positivo, questo dovrebbe dormire in una stanza separata, non mangiare con gli altri, usare un suo bagno e i suoi asciugamani. Difficile per una larga parte degli italiani. Se non teniamo conto di questo il fermo delle attività produttive non basterà".
Rezza pertanto si spinge ancora più in là e promuove il modello cinese. Sì: "Seguire l'esempio cinese e isolare le persone che non sono nelle condizioni di fare la quarantena in casa. Magari requisendo alberghi e caserme".