"L'altra sera un mio collega di Milano, Antonio Pesetti, direttore dell'anestesia di rianimazione del Policlinico, mi ha chiamato perché si era creata una situazione per cui due malati non avevano il ventilatore”.
E' il racconto del dottor Marco Ranieri, direttore della Anestesiologia e Terapia Intensiva Polivalente del Policlinico di S. Orsola di Bologna, che spiega come si è arrivati a riuscire a collegare due pazienti Covid-positivi allo stesso macchinario di ventilazione.
“Erano ventilati a mano e non sapevano come procedere. Superato il momento di angoscia e di disperazione – prosegue il medico – abbiamo iniziato a lavorare, abbiamo messo insieme i pezzi e ci siamo accorti che era descritta come 'bricolage' la possibilità di collegare un ventilatore a due malati. Abbiamo sentito la mattina dopo questa azienda di Mirandola, la Intersurgical, gli abbiamo spiegato la nostra idea e senza nemmeno un disegno, loro hanno fatto un prototipo, dopo 48 ore ce lo hanno mandato, lo abbiamo testato e adesso è in produzione".
"Normalmente – sottolinea Ranieri - noi usiamo un ventilatore per un malato, così è invece possibile ventilarne due e quindi raddoppiare la capacità di assistenza di coloro che hanno bisogno di ventilazione artificiale. Io sono contento di questa cosa? No. Se noi abbiamo pensato a una cosa di questo genere – incalza il professionista - vuol dire che siamo vicini al limite di saturazione della nostra capacità di assistenza. Se la gente non capisce che deve stare in casa per fermare la diffusione dell'epidemia, noi non saremo in grado di assisterla. Utilizzando questa tecnica - spiega - è vero che noi aumentiamo la capacità di assistenza ma riduciamo la qualità col significato che quindi siamo a un livello vicino alla disperazione. Ora non lo siamo. Oggi riusciamo a rispondere a tutte le esigenze con grande fatica e con grande stress ma - conclude Ranieri - la gente deve aiutarci stando in casa”.