Le aziende possono attivare il telelavoro in via automatica, fino al 15 marzo 2020, nelle Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria, a ogni rapporto di lavoro subordinato, "nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, e anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti". Lo prevede il decreto della presidenza del Consiglio attuativo per fronteggiare l'emergenza coronavirus.
Sono molte le aziende che stanno ricorrendo alla pratica dello smart working. Come viene spiegato direttamente dal sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si tratta di “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall'assenza di vincoli orari o spaziali e un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.
Sempre sul sito del Ministero si legge: “Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento - economico e normativo - rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie. È, quindi, prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali”.
Quella del “lavoro agile” potrebbe essere la soluzione ad una situazione di emergenza per quanto ci riguarda, ma in realtà si tratta più di una strategia che noi in Italia, rimasti ancorati ad un modello di lavoro industriale, ci siamo rifiutati di accettare per troppo tempo. L’impiegato moderno ormai, nella maggior parte dei casi, non ha più a che fare con qualcosa di tangibile, le sue mani insomma si sporcano sempre meno; più che altro ciò che tratta sono dati e informazioni, niente insomma che non possa essere “maneggiato” in qualsiasi ambiente lui preferisca e con i tempi che più desidera. Lavorare a progetto, un concetto che sta portando enormi risultati laddove viene applicato.