La Rai percepisce un contributo pubblico attraverso il canone in funzione del raggiungimento degli obblighi e degli obiettivi fissati dal contratto di servizio 2018-2022, ma se manca nell'assicurare il contrasto alla disinformazione e nel rispetto della funzione di garante dell'informazione, allora genererebbe un danno erariale. Lo dice l'Agcom nella delibera con cui ha concluso il procedimento avviato nei confronti dell'azienda di viale Mazzini per il presunto inadempimento degli obblighi di servizio pubblico, multandola per un importo di 1 milione e 500mila euro, pari allo 0,062% del fatturato dell'ultimo esercizio di bilancio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida e che ammontava a 2 miliardi 404 milioni 500mila euro.
L'Agcom non lo dice se questo poi debba significare un taglio delle risorse da canone alla Rai, ma di certo getta un masso nello stagno quando parla di danno erariale da parte di chi percepisce risorse pubbliche.
È questo un passaggio delicato dell'intera delibera, che prende le mosse dal monitoraggio della programmazione, con particolare attenzione all'offerta televisiva dei canali generalisti e prendendo in esame le rilevazioni e i dati gennaio 2019-gennaio 2020 del pluralismo politico-istituzionale in tv riferito ai programmi di informazione e approfondimento nei canali generalisti Rai.
L'Autorithy afferma che l'eventuale mancato rispetto dell'essere garante dell'informazione comporta anche una seconda importante conseguenza: quella di ordine sociale. E questo "proprio in ragione dell'affidamento del cittadino-utente rispetto alla qualità dell'informazione a lui veicolata" dalla Rai, con "possibili effetti negativi sull'istruzione, sulla crescita civile, sulla facoltà di giudizio e di critica, sul progresso e sulla coesione sociale".
Viene anche rilevato che i principi sanciti a tutela del pluralismo informativo e la completezza e obiettività dell'informazione e il contraddittorio quali strumenti necessari per la formazione di una opinione pubblica consapevole configurano "principi propri" e "tratti distintivi" del servizio pubblico. E non è un caso - sottolinea l'Agcom - che la convenzione definisce la Rai "garante della qualità dell'informazione", ravvisando in questo un elemento ulteriore e preciso di "responsabilità" della concessionaria non solo nelle modalità di diffusione dell'informazione ma anche e soprattutto nella creazione dell'informazione stessa veicolata al pubblico e nel rapporto di quella informazione con le fonti che l'hanno generata, ovvero in relazione alla credibilità, attendibilità delle stesse e al contesto di riferimento.
Di qui il "preciso ruolo sociale" svolto dalla Rai non solo nel rapporto diretto con i propri telespettatori ma più in generale come strumento irrinunciabile del corretto funzionamento di un sistema democratico che ha nella correttezza e affidabilità delle fonti di informazione il suo elemento caratterizzante. Il soddisfacimento del diritto del cittadino ad essere correttamente informato evidenzia un'ulteriore peculiarità costitutiva intrinseca del servizio pubblico: il processo informativo garantito dal ruolo della concessionaria punta a formare la capacità critica del cittadino, e per tale ragione deve costituire "uno spazio credibile e neutrale", imparziale e obiettivo. E questo ancora di più nel nuovo contesto digitale dove il fenomeno della disintermediazione porta al moltiplicarsi di fonti informative, della cui attendibilità non ci sono garanzie, e questa circostanza alimenta il fenomeno della disinformazione.