Si allarga l'inchiesta vaticana sugli investimenti finanziari e nel settore immobiliare della Segreteria di Stato, in particolare l'acquisto di un immobile di pregio a Londra. Questa mattina, nell’ambito di una perquisizione ordinata dal Promotore di Giustizia, Gian Piero Milano, e dall’Aggiunto Alessandro Diddi, è stato eseguito il sequestro di documenti e apparati informatici presso l’ufficio e l’abitazione di monsignor Alberto Perlasca, già Capo Ufficio Amministrativo della Prima Sezione della Segreteria di Stato.
In un comunicato, il Vaticano sottolinea che il provvedimento "è da ricollegarsi, pur nel rispetto del principio della presunzione di innocenza, a quanto emerso dai primi interrogatori dei funzionari indagati e a suo tempo sospesi dal servizio". L’Ufficio del Promotore e il Corpo della Gendarmeria proseguono negli accertamenti di carattere amministrativo-contabile e nelle attività di cooperazione con le Autorità investigative straniere.
Lo scorso ottobre l'inchiesta - partita dalle denunce di Ior e del Revisore - aveva portato alla perquisizione di documenti e apparati elettronici presso alcuni uffici della prima sessione della Segreteria di Stato e dell'Aif (l'Autorità di Informazione finanziaria) e aveva visto cinque dipendenti della Santa Sede indagati e sospesi. Il sesto indagato è ora monsignor Perlasca, comasco, 59 anni, dal luglio 2019 Promotore di Giustizia sostituto presso il Supremo Tribunale della Segnatura apostolica.
Sul volo di ritorno dal viaggio apostolico in Thailandia e Giappone, Papa Francesco aveva parlato di uno "scandalo" ma al tempo stesso aveva fatto notare che era "la prima volta" che in Vaticano "la pentola" veniva "scoperchiata da dentro e non da fuori", sottolineando quindi che il funzionamento del sistema di controllo messo in piedi dai tempi di Benedetto XVI. "Il Revisore - aveva aggiunto il Pontefice - ha avuto il coraggio di fare una denuncia scritta contro cinque persone", "bloccate perché c'erano indizi di corruzione".
Le ipotesi di reato: corruzione, peculato e abuso di autorità
Anche aprendo l'anno giudiziario in Vaticano, lo scorso 15 febbraio, Francesco ha accennato all'inchiesta parlando di “situazioni finanziarie sospette, che al di là della eventuale illiceità, mal si conciliano con la natura e le finalità della Chiesa, e che hanno generato disorientamento e inquietudine nella comunità dei fedeli”.
Ieri il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, durante la presentazione di un libro, ha nuovamente smentito che le operazioni finanziarie hanno interessato i soldi dell'Obolo di San Pietro. "Non abbiamo mai utilizzato i soldi per i poveri per fare speculazioni", ha rimarcato Becciu che ha precisato: "Abbiamo acceso un mutuo. I fondi sono lì. Era un'occasione propizia per sfruttare meglio capitali che la Segreteria di Stato dispone. È prassi che la Santa sede investa in palazzi e poi era un'occasione buona e opportuna perché con la Brexit il valore di questa casa è triplicato".