È illegittima l'applicazione retroattiva della legge Spazzacorrotti sul divieto di misure alternative e benefici penitenziari per chi è condannato per alcuni reati contro la Pubblica amministrazione. Lo ha sancito la Corte costituzionale.
La Corte ha esaminato oggi in camera di consiglio le censure sollevate da numerosi giudici sulla retroattività della legge Spazzacorrotti che aveva esteso ai reati contro la pubblica amministrazione le preclusioni previste dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario rispetto alla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione. In particolare, era stata denunciata la mancanza di una disciplina transitoria che impedisse l’applicazione delle nuove norme ai condannati per un reato commesso prima dell’entrata in vigore della legge.
In attesa del deposito della sentenza, previsto nelle prossime settimane, Palazzo della Consulta spiega che la Corte ha preso atto che, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, le modifiche peggiorative della disciplina sulle misure alternative alla detenzione vengono applicate retroattivamente e che questo principio è stato sinora seguito dalla giurisprudenza anche con riferimento alla Spazzacorrotti: per i giudici costituzionali, invece, questa interpretazione è "illegittima" con riferimento alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna.
Secondo la Corte, infatti, "l’applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene, sancito dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione".