Da una relazione dell’Agenzia delle Entrate datata 16 ottobre 2019, si evince che Simona Ventura “ha smesso di pagare” il suo debito col fisco. Lo ha spiegato il pubblico ministero Silvia Bonardi nel processo che vede la conduttrice televisiva imputata per dichiarazione infedele dei redditi, tra il 2012 e il 2015, per una somma che si aggira sui 500 mila euro. Un consulente della difesa, sentito come testimone nell’aula della seconda sezione penale, ha detto che Ventura “non è stata in grado di andare avanti” col pagamento.
Secondo l'inchiesta della Guardia di Finanza e della pm, la conduttrice avrebbe fatto confluire parte dei suoi proventi e addebitato parte dei suoi costi a una società a lei riconducibile, la Ventidue srl, quando invece avrebbe dovuto far rientrare tutto, sia le entrate sia le uscite, nella sua dichiarazione dei redditi come persona fisica.
La 'dichiarazione infedele dei redditi' riguarderebbe i compensi relativi ad alcuni contratti, siglati soprattutto con emittenti televisive, sullo sfruttamento dei diritti d'immagine per la sua attività professionale. Sulla società sarebbero state scaricate in modo illecito anche spese per il parrucchiere, compresi 420 euro per una extension con 'capelli veri', per acquisti di carattere gastronomico, bouquet di fiori, t-shirt e costi per una festa di compleanno.
Di quest'ultima ha parlato in aula, davanti al giudice monocratico Sandro Saba della seconda sezione penale, una commercialista, sentita come testimone della difesa. "I personaggi come Simona Ventura se non compaiono sui giornali - ha detto - alla fine perdono di interesse perché la gente deve vedere come sono vestiti, come sono pettinati. Il compito della società Ventidue srl era anche promuovere l'artista dal punto di vista della mondanità; la società si era accollata questo costo che poi si era estrinsecato nei servizi sui giornali".
Secondo testimoni e difesa, non c'è dolo
Un altro teste, l'avvocato Alessandro Simeone, ha affermato che Ventura non era a conoscenza degli aspetti fiscali della sua società. "Direi proprio di no - ha risposto alla domanda se lo fosse - non abbiamo mai parlato dei profili fiscali e tributari".
Il consulente della società Ventidue srl, sentito come testimone, ha definito "un accertamento cattivo" quello svolto dalle Fiamme Gialle nei confronti della donna. Alla domanda sul perché Ventura avrebbe dovuto cedere i diritti di sfruttamento a un terzo, ha risposto: "Non posso rispondere, è una decisione precedente al mio intervento". Ha quindi sottolineato che la società aveva una sede e un dipendente.
Secondo la difesa, non può essere contestata alcuna evasione perché da parte di Simona Ventura non c'è stato alcun dolo e lei ha utilizzato uno schema predisposto dai professionisti ai quali si era affidata. Si torna in aula il 18 marzo per sentire la segretaria personale della show girl, la cui escussione è stata chiesta dalla pm che la ritiene "necessaria". Discussione, eventuali dichiarazioni spontanee dell'imputata e, con ogni probabilità sentenza, sono attese il 13 maggio.