Il cambiamento climatico e l'omologazione dei consumi stanno colpendo anche i frutteti. E questo è un problema per diverse ragioni. Per la nostra dieta, per quella degli altri animali, ma anche per la lotta al climate change. Meno piante significa meno lavoro e meno contrasto all'inquinamento. A sostenerlo è l'ultimo report della Coldiretti, diffuso il 27 settembre al Villaggio contadino di Bologna con l’Arca di Noè della fattoria italiana. A presenziare all'evento, nel giorno del terzo Friday for Future, flora, fauna, cibi a rischio di estinzione e agricoltori, giovani e studenti.
Secolo scorso VS oggi
Nel corso degli ultimi 100 anni sono scomparse dalla nostra tavola tre varietà di frutta su quattro. La perdita di biodiversità riguarda l’intero sistema agricolo e di allevamento: il rischio di estinzione si estende dalle piante coltivate agli animali allevati.
Se nel XX secolo potevamo contare sulla presenza di 8.000 varietà di frutta, oggi il numero è sceso a poco meno di 2.000. Di queste, 1.500 sono considerate a rischio "estinzione" anche per effetto dei moderni sistemi della distribuzione commerciale, che privilegiano le grandi quantità e la spersonalizzazione dell’offerta.
L’omologazione e la standardizzazione delle produzioni a livello internazionale concorrono a mettere in pericolo gli antichi semi della tradizione italiana, sapientemente custoditi da generazioni di agricoltori. E questo è un pericolo sia per i produttori che per i consumatori. A rischio c'è il patrimonio alimentare, culturale e ambientale del Made in Italy. Sovranità alimentare e biodiversità sono ora sotto attacco.
Eppure l'Italia è la più green d'Europa
Tuttavia, negli ultimi anni l’agricoltura italiana ha invertito la rotta, diventando la più green d’Europa. L’Italia, evidenziano i dati di Coldiretti, è l’unico Paese al mondo che può vantare 5.155 prodotti alimentari tradizionali censiti, 297 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg. È anche leader europeo con quasi 60 mila aziende agricole biologiche, forte della scelta di vietare le coltivazioni Ogm e la carne agli ormoni, a tutela della biodiversità e della sicurezza alimentare.
L'Italia conta 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei vicini francesi e 533 varietà di olive autoctone contro le 70 spagnole.
Quanto offre oggi il frutteto italiano
Nell'arco di un ventennio, il "frutteto italiano" ha visto un crollo netto del 23%. A risentirne di più sono state le pesche, con la superficie coltivata a loro disposizione ridotta del 38 %. Seguono uva da tavola (-35%), pere (-34 %), limoni (-27%), arance (-23%), mele (-17%), clementine e mandarini (-3%). Un grave danno non solo economico ed occupazionale ma anche ambientale.
"Con l'estinzione dei frutteti viene a mancare il prezioso ruolo di contrasto dell’inquinamento e del cambiamento climatico svolto proprio dalle piante, capaci di ripulire l’aria da migliaia di chili di anidride carbonica e sostanze inquinanti come le polveri pm10", sottolinea il report Coldiretti.
Frutta salva-ambiente
La superficie italiana destinata a colture legnose (come frutteti e vigneti) è di circa 2.5 milioni di ettari: il 25% della superficie boschiva totale. Il ruolo della frutticoltura nella tutela dell’ambiente deriva dalla sua capacità di catturare CO2: un'azione che potrebbe ulteriormente essere potenziata.
Un ettaro di frutteto in produzione è in grado di catturare 20mila kg di anidride carbonica all’anno, contrastando le polveri sottili PM10 e abbassando la temperatura dell’ambiente circostante durante le estati più calde e afose. Non a caso, rilevano i dati Ispra, la differenza di temperatura estiva delle aree urbane rispetto a quelle rurali raggiunge spesso valori superiori a 2°C nelle città più grandi.
Se le emissioni inquinanti non verranno ridotte entro la fine del secolo, la produzione di grano potrebbe calare del 20%, del 40% quella della soia e del 50% quella del mais. "Ma i cambiamenti climatici" continua Coldiretti "hanno un impatto negativo anche sullo stesso valore dei terreni che potrebbero subire una perdita tra il 34 e il 60% nei prossimi decenni rispetto alle quotazioni attuali. E questo proprio a causa dell’innalzamento delle temperature che minaccia anche i redditi agricoli, rischiando di far aumentare la domanda di acqua per l'irrigazione dal 4 al 18%".
Un prezzo troppo alto
"Un conto salato per un’agricoltura che ha già perso negli ultimi dieci anni ben 14 miliardi di euro tra danni alla produzione agricola nazionale e alle strutture e alle infrastrutture a causa delle anomalie del clima". L'attuale tendenza alla tropicalizzazione è un nemico, per le coltivazioni, sempre più difficile da affrontare. Sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense, il rapido passaggio dal sole al maltempo, ma anche sbalzi termici significativi compromettono i raccolti.
La proposta di Coldiretti
Allora come aiutare il mondo ortofrutticolo? Il presidente della Coldiretti Ettore Prandini non ha dubbi. "Mettere più frutta italiana nelle bibite per far tornare conveniente piantare alberi nel nostro Paese sarebbe la vera svolta green che aiuta l’ambiente, la salute e l’economia e l’occupazione Made in Italy".
"Oggi si continua a tollerare la presenza nelle bevande analcoliche di appena il 12% di frutta senza neanche l’obbligo di indicarne la provenienza, con un inganno per i consumatori ed un danno per i produttori. Occorre dire basta alle aranciate senza arance ed impegnarsi concretamente – conclude Prandini - nell’educazione alimentare a partire dalle scuole”.
L'azione di recupero della biodiversità è da attribuire ai nuovi sbocchi commerciali aperti dai mercati degli agricoltori e dalle fattorie di Campagna Amica, attivi in tutte le Regioni. Si tratta di opportunità che offrono, ad allevatori e coltivatori, varietà e razze a rischio di estinzione. Una parte di biodiversità che altrimenti non sarebbe mai sopravvissuta alle attuali dinamiche di produzione e distribuzione.
"La difesa dell’ambiente - sottolinea la Coldiretti - è il vero valore aggiunto delle produzioni agricole Made in Italy. Investire sulla distintività è una condizione necessaria per le imprese agricole. Questo perché permette di distinguersi in termini di qualità delle produzioni e affrontare così il mercato globalizzato salvaguardando, difendendo e creando sistemi economici locali attorno al valore del cibo".