È la cucina italiana la più influente sulle tavole internazionali. Condizionandole. Tanto che viene spontaneo chiedersi: cosa sarebbe, in effetti, il nostro mondo, dal punto di vista squisitamente alimentare, se non esistesse la cucina italiana?
L’interrogativo nasce spontaneo sulla base di un grafico pubblicato nelle scorse settimane dal settimanale inglese The Economist, che evidenzia il valore economico di ciò che si mangia nei ristoranti e nei fast-food in giro per i diversi Paesi, 52 per la precisione. Si tratta di un’analisi ponderata che segnala “la gravità”, cioè il valore specifico – se vogliamo –, “delle diverse cucine nazionali, misurata sulla base di quel che mangiano fuori casa gli abitanti del mondo”. Tra le fonti ci sono i dati di Euromonitor sulle spese che vengono sostenute in pranzi e cene in una dozzina di tipologie di fast-food e anche le liste stilate da TripAdvisor per i ristoranti di centinaia di città su una copertura dell’89% del prodotto lordo globale. Risultato?
Il risultato è abbastanza sorprendente, perché – escluso il fast-food – si può leggere in un’analisi pubblicata dal Corriere della Sera del 5 settembre, l’Italia ha “un surplus” tra export e import pari a 158,2 miliardi di dollari”. Osserva l’autore dell’articolo: “Non significa che c’è un movimento di denaro del genere: vuole dire che l’influenza cultural-culinaria del Paese può esser e misurata così”.
Nella classifica, al secondo posto troviamo – ben distanziato – il Giappone, con un bilancio positivo di 43,9 miliardi; quindi il Messico con 16,9; Turchia con 16,7; Thailandia con 11,1. “Gli Stati Uniti – si legge nell’analisi – sono il Paese messo peggio in questa classifica delle esportazioni nette dei modelli di cucina nazionale: negativi per 133,8 miliardi di dollari”. Il divario con gli Usa resta se si considera anche il fast-food, perché l’Italia continua a detenere il primo posto assoluto, “anche grazie alle catene di pizza”, con un export netto (esportazioni meno importazioni) di 168,2 miliardi; “e gli Stati Uniti rimangono all’ultimo posto con 54,8 miliardi di deficit”.
Ma va ripetuto: questi dati, questi valori, questi numeri non indicano affatto un valore economico: misurano solo il peso specifico, la “gravità” appunto, dell’influenza delle cucine nel mondo. Cioè della sua influenza culturale (vogliamo dire della sua egemonia?) sulle tavole nei diversi Paesi sparsi per il Pianeta. L’Italia, da questo punto di vista specifico, egemone lo è. Viva la cucina Italiana, allora. Viva i grandi e abili cuochi che l’hanno resa grande nel mondo. E che, di riflesso, ci hanno dato un po’ di prestigio. La nostra vera tendenza. La più genuina e appetitosa.