Pezzo aggiornato alle 21.30 del 28 giugno
Sono 60 i professori indagati - delle Università di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona - nell'operazione della Digos di Catania denominata Università Bandita. L'inchiesta - nell'ambito della quale 9 professori dell'università di Catania con posizione apicale, e il rettore Francesco Basile, sono stati sospesi con procedimento di interdizione dai pubblici uffici - ipotizza i reati di associazione a delinquere, corruzione, turbativa d'asta ed altro.
Sarebbe stata accertata l'esistenza di 27 concorsi truccati: 17 per professore ordinario, 4 per professore associato, 6 per ricercatore. Scattate decine di perquisizioni. Ulteriori particolari nella conferenza stampa convocata alle ore 10 alle procura di Catania.
Un codice sommerso e un sistema sanzionatorio, in grado di pilotare concorsi e bandi. Una "associazione a delinquere", "con a capo il rettore dell'università di Catania ed il suo predecessore", rispettivamente Francesco Basile e Giacomo Pignataro, "finalizzata a commettere un numero indeterminato di reati". E che coinvolgeva docenti di 14 atenei italiani.
Dieci professori sospesi a Catania, fra cui un rettore e un ex rettore, quaranta complessivamente gli indagati e decine le perquisizioni. La procura etnea ha disposto per nove professori dell'università cittadina con posizione apicale, e per il rettore Francesco Basile, la sospensione con procedimento di interdizione dai pubblici uffici, tutti ritenuti responsabili di associazione a delinquere nonché, a vario titolo, di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, corruzione per l'esercizio della funzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, abuso d'ufficio e truffa aggravata.
Un'associazione a delinquere, volta "ad alterare il naturale esito dei bandi di concorso" per il conferimento degli assegni, delle borse e dei dottorati di ricerca; per l'assunzione del personale tecnico-amministrativo; per la composizione degli organi statutari dell'Ateneo (Consiglio d'amministrazione, Nucleo di Valutazione, Collegio di Disciplina); per l'assunzione e la progressione in carriera dei docenti universitari.
Su questo ultimo aspetto, spiegano gli inquirenti, il "sistema delinquenziale" non è ristretto all'università' etnea ma si estende ad altri atenei italiani, i cui docenti, nel momento in cui sono stati selezionati per fare parte delle commissioni esaminatrici, si sarebbero sempre preoccupati di "non interferire" sulla scelta del futuro vincitore "compiuta preventivamente favorendo il candidato interno che risultava prevalere anche nei casi in cui non fosse meritevole".
Le regole del codice hanno un preciso apparato sanzionatorio e le violazioni sono punite con ritardi nella progressione in carriera o esclusioni da ogni valutazione oggettiva del proprio curriculum scientifico. Il gip parla di "estrema pericolosità'" e "piena consapevolezza" delle "gravi illiceità" commesse dal gruppo spinto "da finalità diverse dalla buona amministrazione e volto, al contrario, alla tutela degli interessi di pochi privilegiati che condividono le condotte criminali dell'associazione a delinquere".
Emergono inoltre dalle raccomandazioni dei sodali di "non parlare telefonicamente" o dalla volontà palesata di effettuare delle preventive "bonifiche" degli uffici pubblici per ridurre il rischio di indagini e accertamenti nei loro confronti.
Il provvedimento interdittivo è stato emesso sulla base della attività di indagine condotta dal giugno 2016 al marzo 2018 e interessa,oltre al rettore Basile e al predecessore Pignataro, i professori Giuseppe Sessa (Medicina), Filippo Drago (Medicina), Carmelo Monaco (Agraria), Giancarlo Magnano di San Lio (Filosofia), Giuseppe 'Uccio' Barone (Scienze politiche), Michela Maria Bernadetta Cavallaro (Economia), Giovanni Gallo (Matematica), e Roberto Pennisi (Giurisprudenza).