Sì, anche chi lavora nelle Ong percepisce un compenso. Quanto? Non si conoscono le cifre esatte, ma una cosa è certa: siamo lontani da quelle che circolano sui social network da mesi, rilanciate pochi giorni fa da un quotidiano. Giorgia Linardi, portavoce di SeaWatch in Italia, percepirebbe 5.000 euro al mese. Una bufala. Per smentirla non c'è bisogno di inchieste e documenti segreti: basta leggere la rendicontazione della Ong tedesca, disponibile online, e fare di conto.
Come nasce la bufala
Sarà che è il 20 giugno, giornata mondiale del rifugiato. Sarà che la nave SeaWatch 3 è al largo di Lampedusa da una settimana senza poter attraccare. Sta di fatto che i meme sul compenso di Giorgia Linardi - accompagnati da commenti offensivi, con i soliti cenni all'essere donna e ai cliché sugli uomini di colore - sono tornati a rimbalzare sui social. Da dove spuntano questi 5.000 euro? Il documento dice che SeaWatch ha raccolto poco meno di 1,8 milioni in donazioni tra gennaio e ottobre 2018. I contributi si sono impennati a partire da luglio, probabilmente per la visibilità avuta dalla Ong, che in tutto il 2017 di milioni ne aveva ricevuti 1,6. Nei primi dieci mesi dello scorso anno, le spese sono state di 1,4 milioni di euro: più della metà sono servite per mantenere in attività la SeaWatch 3.
Ma c'è anche un 4,5% destinato al “team italiano”, che dovrebbe essere composto dalla sola portavoce: 62.815,17 euro. Se la cifra fosse divisa per 12 mensilità, significherebbe 5.234 euro ogni trenta giorni. E qui la bufala prende corpo. Peccato che sbagli sia il conto delle spese sia un paio di operazioni aritmetiche.
Le spese di SeaWatch in Italia
Il rendiconto di SeaWatch in Italia va da gennaio a settembre 2018, nove mesi. Quindi la spesa mensile sarebbe di 6.979,46 euro. Allora Giorgia Linardi prende ancora di più di quel che si dice? No. I fondi destinati al team italiano non vanno tutti alla portavoce. Lo stesso articolo di Libero, pur facendo cenno nel titolo (tra virgolette) a una “paga stellare”, afferma che i 5.000 euro (che in realtà sono 6.979,46) sono “sicuramente un'esagerazione”, perché includono “spese per i viaggi, i telefoni e altro”. Non è un'ipotesi: anche questo è scritto nel documento di SeaWatch.
La voce principale riguarda “il personale” che fornisce “servizi esterni”: 26.159 euro (cioè poco più di 2900 euro al mese). Poi ci sono i costi “operativi e tecnici”: quasi 24.400 euro. In nove mesi sono poi stati spesi 6.824 euro in voli aerei, 2.204 in telecomunicazioni, 1.509 in “altri costi di viaggio”, 746 euro per cibo e bevande, 892 euro per “ufficio e backoffice”, 90 euro in cancelleria. Quei 5.000 euro (che in realtà sono 6.979,46) sono quindi la cifra necessaria per mantenere l'attività di SeaWatch in Italia e non lo stipendio di Giorgia Linardi.