Il rilancio della tonnara di Favignana rischia di fallire ma soprattutto di finire al centro delle beghe politiche interne al centrodestra. Così sull'isoletta siciliana in cui la Lega ha registrato un exploit di voti, un investimento da 700 mila euro potrebbe evaporare a causa di un decreto firmato proprio da un sottosegretario leghista che adesso si dice pronto a trovare una soluzione.
In molti negli ultimi anni avevano creduto nella riapertura della storica tonnara Florio, inattiva dal 2007 ma rimessa in sesto da un imprenditore locale, Nino Castiglione, che oggi ha comunicato "di aver interrotto immediatamente le attività di pesca con la Tonnara di Favignana" che a pieno regime da lavoro a circa 50 persone.
Al centro del dibattito ci sono le cosiddette "quote" con le quali da anni viene stabilito il quantitativo consentito per la pesca di alcune specie (tra cui il tonno rosso, diffuso in primavera nel Mediterraneo allo scopo di ridurne l'estinzione. La ripartizione avviene su base triennale (2018-2020) ed è regolata dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali che annualmente con appositi decreti, interviene su ulteriori suddivisioni. All'epoca dell'ultima suddivisione però la tonnara di Favignana non era ancora operativa e per questo "l'assegnazione delle quote individuali" era molto attesa sull'isola.
Adesso però “la Nino Castiglione S.r.l. – si legge in una nota stampa – preso atto del D.M. n. 235 del 30.05.2019 con cui il competente Ministero ha di fatto inteso azzerare la quota tonno rosso già assegnata in maniera indivisa con D.M. prot. n. 6750 del 17.04.2019, comunica di aver interrotto immediatamente le attività di pesca con la Tonnara di Favignana”. Ma cosa diceva il decreto ministeriale citato? Il Ministero inseriva la tonnara di Favignana tra quelle che "concorrono a valere sulla consistenza della quota aggiuntiva indivisa assegnata al settore per l’annualità 2019, rispetto all’annualità 2017, pari ad 84,69 tonnellate".
Un concetto capovolto dal decreto dello scorso 30 maggio a firma del sottosegretario Franco Manzato, con il quale è stata "attribuita una quota individuale di 14,525 tonnellate" (per un totale di 29 tonnellate) a due nuove tonnare: una a Favignana e un'altra a Carloforte, in Sardegna. Appena il dato è stato reso noto la politica siciliana è insorta. L'assessore regionale alla pesca Edy Bandiera (Forza Italia) ha chiesto il "ritiro immediato e la modifica di questo decreto "mentre per il presidente dell'Ars Gianfranco Miccichè, coordinatore di Fi in Sicilia, "soltanto un leghista di Oderzo, che dista 50 chilometri dal mare, uno che non sa neanche cosa sia il mare, poteva rendersi protagonista di una distribuzione delle quote tonno a totale svantaggio di Favignana".
"Noi contavamo di ottenere cento tonnellate o, nella peggiore delle ipotesi, settanta - racconta Castiglione che negli anni scorsi ha rilevato l'azienda che deteneva i diritti della tonnara - invece la quota assegnata dal Ministero è di sole 14 tonnellate. Non voglio fare polemica, dico solo che se questo è il metodo della politica per sviluppare il Mezzogiorno possiamo chiudere bottega". Quella di Favignana è l'unica tonnara presente in Sicilia mentre in Sardegna già con il piano 2018-2020 erano state autorizzate tre strutture (due a Portoscuso e una a Carloforte) a cui erano già state affidate delle quote per un totale di 340 tonnellate. Anche per questo il sottosegretario Manzaro ipotizza uno "scambio" di quote "che verranno con ogni probabilità offerte dalle tonnare sarde"
A Favignana la Lega è stato il primo partito alle ultime Europee, raccogliendo il 29,11% delle preferenze. "Sono uno di quelli che li ha votati, ma oggi mi viene da piangere", racconta Piero, uno dei "tonnaroti" presenti sull'isola. "Se davvero dovessero chiudere la tonnara sarebbe la dimostrazione che la vita delle persone - aggiunge Nicola, un pescatore incontrato al porto - conta quanto un numerino, una virgola in più o un'altra in meno". L'obbiettivo della marineria è quello di sensibilizzare il Ministero a rivedere la ripartizione delle quote ma, conclude uno di loro, "siamo disposti pure ad andare a Roma e bloccare tutte cose".