Erano stati protagonisti di un caso che aveva rischiato di portare Matteo Salvini a processo, cosa che per loro è effettivamente accaduta. A dieci mesi di distanza dai fatti, però, il Tribunale di Trapani li ha assolti per "non aver commesso i fatti loro contestati".
Si tratta dei due migranti arrestati il 12 luglio dello scorso anno a bordo della nave Diciotti, la nave della Guardia Costiera che dopo un'intera giornata ferma al porto di Trapani, sbarcò in tarda serata 67 migranti partiti dalla Libia.
Anche grazie all'intervento del Quirinale, nonostante Salvini avesse detto che “prima di concedere qualsiasi autorizzazione attendo di sapere nomi, cognomi e nazionalità dei violenti dirottatori che dovranno scendere dalla Diciotti in manette".
“Non riportateci in Libia”
Bichara Tijani Ibrahim Mirghani, di 32 anni, originario del Sudan (regione del Darfur) e Ibrahim Hamid, ghanese di 27 anni, furono arrestati con l'accusa di minacce, violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
I due - che però non scesero dalla nave in manette - erano stati individuati tra i responsabili di una rivolta avvenuta a bordo del "rimorchiatore" Vos Thalassa, che l'8 luglio li aveva soccorsi "nei pressi della piattaforma libica Al Jurf - Oilfield". La "rivolta" sarebbe esplosa nella notte tra l'8 e il 9 luglio, quando i migranti capirono che l'equipaggio stava per riportarli in Libia.
Tanto che alle 23.34 il comandante della Vos Thalassa chiese a Imrcc (Comando generale dei soccorsi) l'invio immediato di una motovedetta della Marina Militare italiana a causa di "una grave situazione di pericolo per l'equipaggio del "rimorchiatore" il quale era stato fatto oggetto di minacce e violenze da parte di alcuni dei migranti soccorsi".
"Intorno alle 23.15 - raccontò Dobrescu - il marinaio Lucivero mi avvisò di una protesta in corso. Immediatamente ho disposto al primo ufficiale Paluccio di scendere in coperta e non appena è arrivato è stato subito preso d'assalto dai migranti, ho notato che era circondato in maniera incontrollata".
"Tra la massa si distingueva un migrante che indossava una tuta di colore bianco con una pettorina arancione che fronteggiava il primo ufficiale Paluccio, questo appariva il leader del gruppo", ha aggiunto Dobrescu che disse di aver "invertito la rotta" verso le coste italiane "con una manovra repentina".
Le tensioni rimasero per qualche ora perché poco dopo mezzanotte "la motovedetta libica Tallin si stava dirigendo verso il rimorchiatore italiano".
L’inchiesta
Anche per questo il 9 luglio i migranti furono trasbordati a bordo della Diciotti. Gli agenti della Squadra Mobile di Trapani ascoltarono alcuni testimoni per ricostruire i fatti.
"Improvvisamente mi sono visto circondato dalla gran parte dei migranti maschi", ha detto Paolo Lucivero, marinaio di guardia del rimorchiatore. "Uno di loro mi diceva ripetutamente "no Libia, no Libia" e mi faceva un gesto con le mani che mi sgozzava e mi buttava a mare" ha aggiunto il primo ufficiale Cristian Paluccio.
Tanto da portare il comandante del Vos Thalassa, Corneliu Dobrescu, ad applicare le procedure di security che "viene adottata - spiegò il secondo ufficiale Rosario Romano - per impedire a persone estranee di assumere il controllo della nave" aggiungendo che "l'equipaggio era composto da 13 persone e non sarebbe stato in grado di fronteggiare la minaccia di oltre 60 migranti".
Una delle donne presenti sul rimorchiatore Vos Thalassa raccontò alla Squadra Mobile che "il gruppo, con a capo un sudanese, ha accerchiato i due marittimi italiani. Il sudanese ha spintonato il membro dell'equipaggio con la barba e gli occhiali, facendolo cadere per terra".
"I migranti - ha detto agli agenti - hanno cominciato a insultare i due malcapitati e il sudanese ha detto loro in lingua araba ‘volete riportarci in Libia? Sarete uccisi prima e poi noi ci butteremo in mare’". La rivolta coinvolse "circa 50 persone di nazionalità sudanese, libica, algerina, ghanese e pakistana" ma - aggiunse la donna - quando "il sudanese ha verificato l'inversione di rotta, consultando il gps del suo cellulare" e "dopo le rassicurazioni del comandante e l'effettiva inversione, la situazione si è tranquillizzata".
Già presentata la richiesta di asilo politico
In quei giorni il gip di Trapani riconobbe in Bichara Tijani Ibrahim Mirghani (originario dal Sudan) il presunto leader della rivolta e Ibrahim Hamid come uno degli autori, evidenziando "una assoluta convergenza degli esiti di tutte le individuazioni fotografiche dei diversi soggetti escussi" tra cui sei migranti, aggiungendo che "la ricostruzione dei fatti deve ritenersi ragionevolmente certa".
I due sono stati giudicati con il rito immediato e per entrambi la Procura aveva chiesto la condanna a due anni e due mesi. Adesso il giudice Piero Grillo del Tribunale di Trapani li ha assolti "per non aver commesso il fatto" e dopo dieci mesi hanno lasciato il carcere San Giuliano di Trapani e presentato una richiesta di asilo politico.