“Li perdono, non fa niente”. Dopo quattro giorni d’assedio, di minacce, insulti, di un odioso “ti stupro, troia”, di giorni di paura vera, quasi più che quelli trascorsi in Bosnia durante la guerra (“hanno ucciso i miei nonni e io non potevo più restare e sono venuto in Italia” dice Imcor) prima di riuscire a fuggire e riparare nel nostro Paese, Sedana Omerovic, la mamma rom di dodici figli, è riuscita a pronunciare anche questa parola: “perdono”, come si può leggere nella cronaca de Il Messaggero di oggi.
Non sono stati affatto giorni facili per la famiglia Omerovic i primi trascorsi a Casal Bruciato, dopo che il Comune di Roma ha assegnato loro - “per diritto” - un appartamento di via Sebastiano Satta alla periferia di Roma. Accolti da una canea rumorosa, vociante e violenta di abitanti del quartiere che li ha presi d’assalto perché non li voleva e non li vuole come vicini di casa (“C’avessero almeno avvisati” dicono i condomini a fianco), in quanto d’origine rom e troppo numerosi (un nucleo famigliare di 14 persone, tra genitori e figli) gli Omerovic hanno sempre tenuto un comportamento irreprensibile. Tentando solo di proteggersi e non farsi del male, contrapponendosi alle ostilità.
Da principio, impauriti da tanto clamore e ferocia, non solo verbale, se ne volevano andare. Poi hanno deciso di restare. “È un nostro diritto” si legge ancora sul quotidiano della capitale. E poi, “qual è l’alternativa se non la strada?” Eppure all’inizio, quando l’amministrazione comunale gli ha dato la notizia dell’assegnazione della casa gli Omerovic aveva persino pensato di “dare una festa per il nostro arrivo. Peccato” si legge in una cronaca de Il Fatto che riporta le parole del capofamiglia, Imcor.
A far cambiare loro idea e a convincerli che non c’era alternativa e che comunque erano nel giusto, “c’è voluta la netta presa di posizione della sindaca Virginia Raggi: “Per ora non molliamo, ce l’ha detto anche la sindaca”, dice lui mentre in strada impazzano le proteste. “Raggi ci ha incoraggiato, anche se siamo spaventati”. “Dovete andare avanti, è casa vostra” ha detto loro la prima cittadina. “Gli insulti, non meritano risposta” avevano detto subito alle prime contestazioni e parole d’odio e molte ore prima di pronunciare il “perdono”.
E però non avevano nascosto di aver paura: «Abbiamo paura, sono due notti che non dormiamo — spiega Imcor, 40 anni —. Gli altri figli sono andati via, non sono voluti rimanere con noi. Non sappiamo cosa fare, stiamo decidendo, certo la situazione è davvero pesante” si poteva leggere sul Corriere della Sera nell’edizione di giovedì 9 maggio. Poi però è arrivato anche l’invito del Papa, che si è aggiunto alle parole distensive e incoraggianti della Sindaca.
E Sedana “si fa il segno della croce quando papa Francesco arriva sull’altare di san Giovanni in Laterano durante l’assemblea diocesana. Nascosta dietro la prima navata, con Violetta, la piccola di 3 anni tra le braccia, sorride emozionata” si può leggere nella cronaca odierna del Corriere. “Imcor Omerovic e la moglie Sedana, bosniaci musulmani, prima attendono tra la gente, poi raggiungono la sacrestia dove incontrano il Papa. Francesco scherza con la bimba, li invita a chiedere aiuto alla Chiesa per qualunque cosa, si fa raccontare la loro storia. ‘Dovete resistere’, li esorta. In questo modo manifesta il suo affetto alla famiglia vittima di minacce ed insulti razzisti” scrive il Corriere.
“Ma le tensioni di questi giorni non si sono ancora dissolte come testimoniano ieri a Casal Bruciato le molte bandiere tricolori appese alle finestre (distribuite da Casapound)” Così la vita per gli Omerovic "è sempre complessa. Per uscire di casa e raggiungere la basilica di San Giovanni infatti sono stati scortati dalla polizia” Anche se l’altra mattina papà Imcor e il secondo genito Cliton (in omaggio all’ex presidente americano, ma all’anagrafe hanno sbagliato di trascrivere il nome all’atto della registrazione) sono scesi a prendere un caffè al bar senza subire alcuna contestazione. “Ma era molto presto” precisa lui. Praticamente non c’era nessuno.
A loro resta solo questa consapevolezza: “Questa è la nostra occasione per una nuova vita, è tra queste mura che sogniamo il nostro futuro e non possiamo rinunciarci”.