Il cacciamine Vieste della Marina Militare, durante un'attività di verifica tecnica e sorveglianza dei fondali nel Mar Tirreno presso l'isola di Stromboli, ha ritrovato il relitto dell'Incrociatore Leggero Giovanni Delle Bande Nere affondato nel 1942.
Il relitto è stato localizzato e identificato a circa 11 miglia nautiche a sud dell'isola di Stromboli a una profondità compresa tra i 1460 e i 1730 metri, in una posizione compatibile con quella del suo affondamento avvenuto il primo aprile del 1942, mentre era in trasferimento da Messina a La Spezia, per effettuare alcune riparazioni in Arsenale scortato dal cacciatorpediniere Aviere e dalla torpediniera Libra.
(WIkipedia/Commons)
Durante la navigazione, alle ore 9 circa, fu colpito da due siluri lanciati dal sommergibile britannico H.M.S. Urge. L'incrociatore, spezzato in più tronconi, affondò rapidamente. Nell'evento morì gran parte dell'equipaggio. La scoperta è avvenuta grazie all'impiego dei veicoli subacquei imbarcati sul cacciamine Vieste in grado di condurre ricerca e identificazione a quote profonde: il veicolo autonomo subacqueo (Autonomous Underwater Vehicle - AUV) Hugin 1000, della ditta Kongsberg, e il veicolo filoguidato Multipluto 03, della ditta GAY Marine.
Circoscritta l'area di ricerca in base alle presunte coordinate dell'affondamento, il cacciamine ha proceduto a mappare il fondale con il veicolo Hugin, scoprendo più contatti correlabili con il relitto. Successivamente i contatti sono stati identificati grazie all'uso del Multipluto, che ha consentito di filmare anche le prime immagini della nave rivelando i tre tronconi in cui si spezzò nell'affondamento e accertandone l'identità.
Storia dell'incrociatore
L’incrociatore Leggero Giovanni Delle Bande Nere, della classe Condottieri tipo Alberico da Giussano. Impostato nei cantieri navali di Castellammare di Stabia nel 1928, fu varato nel 1930 e completato nel 1931.
Lungo 169,3 metri aveva un dislocamento di 6.950 tonnellate a pieno carico. L’apparato di propulsione era composto da 6 caldaie Ansaldo, che alimentavano 2 turbine, per una potenza totale di 95000 cavalli vapore. La velocità massima era di 36 nodi.
L’armamento era composto da 8 cannoni da 152/53, 6 cannoni da 100/47 per la difesa anti aerea e anti silurante e 2 mitragliere da 40/39. La nave era dotata anche di 8 mitragliere 13,2 mm e 4 tubi lanciasiluri da 533 mm. Inoltre imbarcava due ricognitori aerei Imam Ro 43, che lanciava grazie alla catapulta installata sulla prora.
L’equipaggio era composto da 507 uomini.
Il 21 marzo 1942 prese parte alla seconda battaglia della Sirte riuscendo a colpire l'incrociatore britannico Cleopatra pur senza causare gravi danni. Le condizioni meteorologiche proibitive incontrate durante la battaglia, costrinsero la nave a rientrare a Messina per tamponare alcuni danni subiti dal mare.
Il 1 aprile 1942 il Giovanni Delle Bande Nere salpò dalla base di Messina diretto al La Spezia, scortato dal cacciatorpediniere Aviere e dalla torpediniera Libra. Alle 9 del mattino venne intercettato dal sommergibile britannico Urge che lo silurò. La nave si spezzò affondando rapidamente e portando con se circa 400 uomini dell’equipaggio.
Il racconto del superstite
A bordo del 'Bande Nere' c'era anche Gino Fabbri, fuochista appena ventenne. La figlia, Mirella, racconta nel libro "Una stella nelle costellazioni" (la Caravella) quello che accadde dopo l'esplosione del primo siluro.
Ci fu un'esplosione e andò via la luce. Fu dato l'allarme e lasciò il locale macchine per raggiungere il ponte: Fabbri correva lungo le scale e quando uscì all'aria aperta, il secondo siluro colpì la nave. Il fumo degli incendi invadeva la coperta e la 'Bande Nere' si piegò pericolosamente di lato. Fabbri riuscì ad aiutare a calare una scialuppa, ma quando si fece scivolare in mare lungo la murata era già piena di superstiti. Si aggrappò alla scialuppa, ma ne fu strappato da altre quattro persone che si abbrancavano a lui in cerca di salvezza. "Tutte poi le vidi sparire nel mare, nero per la nafta e rosso per le fiamme degli incedi" raccontò nella sua deposizione sull'affondamento. A quel punto. forte anche del fatto che era riuscito a indossare un giubbotto salvagente, nuotò fino alla torpediniere Libra, che faceva parte dello stesso convoglio, e fu salvato dai marinai. In una manciata di minuti il 'Bande Nere' si spezzò a metà, "si chiuse come un libro" e colò a picco.
Portato prima a Messina e poi in Nordafrica, Fabbri cominciò a soffrire già durante la guerra le conseguenze di una pleurite che lo avrebbe portato alla morte a soli 44 anni.
Che fine fece l'Urge, il sottomarino che affondò l'incrociatore
L'Urge era il terrore delle navi italiane che incrociavano il Mediterraneo meridionale. Al comando del capitano di corvetta Edward P. Tomkinson, aveva affondato la petroliera Franco Martelli in navigazione nel golfo di Biscaglia nell'aprile 1941, danneggiato la nave passeggeri italiana Aquitania e il mercantile, sempre italiano, Marigola, poi affondato da un aerosilurante britannico il 24 settembre 1941. La mattina del 14 dicembre 1941 l'Urge aveva colpito con un siluro la corazzata Vittorio Veneto costringendola nave a sottoporsi a un periodo di riparazioni a Taranto.
(Il sottomarino britannico Urge / Wikimedia Commmons)
All'alba del 27 aprile 1942, 26 giorni dopo aver affondato il Giovanni Delle Bande Nere, l'Urge salpò dalla base di Malta con l'ordine di dirigere su Alessandria, seguendo una rotta pressoché diretta. E fu proprio durante questa missione che del sommergibile si persero per sempre le tracce. Era partito all'attacco del motoveliero italiano San Giusto scortato da cinque motozzattere tedesche e dai caccia CR42 della 153esima Squadriglia della Regia Aeronautica, e proprio al comando di uno di questi aerei il sergente Igino Marzoli avvistò un sommergibile emerso che cannoneggiava il convoglio, e vi sganciò in picchiata due piccole bombe di profondità.
Nelle ore successive altri cinque CR42 sganciarono altre dieci bombe nell'area dove era stato avvistato il sommergibile che non riemerse più. L'Urge fu localizzato nell'agosto del 2012 a 47 metri di profondità a circa un miglio dalla costa di Ras Al Hilal, dove era avvenuto l'attacco.