A giugno verrà messa sul mercato una Barbie sulla sedia a rotelle ed un’altra con le protesi agli arti. Nell’intento della Mattel, che produce la bambola giocattolo più famosa, potrebbe aiutare a cambiare il modo di vedere la disabilità. Ma, nel twittare la notizia, il numero uno italiano dello sport disabile, Alex Zanardi, ha scritto: “Oh, è solo una domanda: non staremo esagerando col “politically correct?””.
Abbiamo girato la domanda al presidente della federazione, Luca Pancalli.
“Il fine giustifica i mezzi. Non siamo troppo avanti, qualsiasi supporto può essere utile in questo contagio virtuso. E il messaggio che arriva ai bambini di oggi, cioé agli uomini di domani, aiuta a comprendere e a normalizzare la diversità. L’educazione ci deve portare a capire ed accettare da subito che nella vita incontri persone diverse, dal colore, alla lingua, alla diversa funzionalità fisica”.
Lei come ha educato sua figlia alla diversità?
“A quattro anni, mi ha chiesto se da grande avrebbe potuto avere una carrozzina anche lei. A lei sembrava un gioco. Tutto diventa normale se ti abitui a una situazione, vivendola da vicino”.
Non le sembra che negli ultimi anni si assista a una super esposizione del fenomeno disabilità.
“Bisogna vedere dove finisce il diritto di cronaca e dove comincia il voyerismo giornalistico. Certo, anche l’utilizzo dei grandi campioni può apparire strumentale, ma pur se è così, ripeto, l’obiettivo giustifica i mezzi. Lo dico io che da 37 anni vivo questa condizione e sono transitato dalla deprimente distrazione degli anni 80 alla piacevole sovraesposizione degli anni 2000. Accendere i riflettori è un ottimo strumento per generare quel circolo virtuoso e non scontato sulla nostra realtà. Anche perché per quei dieci atleti che arrivano ce ne sono altri mille che non ce la fanno: i campioni sono la piccola punta di un enorme iceberg sommerso, e nascosto, che finalmente riusciamo a far vedere a tutti”.
La strada è ancora molto lunga.
“Enorme. Ma, negli anni, anche coi media, abbiamo migliorato quantità e qualità sulle nostre tematiche. Siamo passati da elemosinare piccoli spazi sulle “varie ed eventuali” ad avere grandi esposizioni, trattati con grande attenzione. Ben venga quindi la strumentalizzazione di noi stessi”.