Articolo aggiornato alle ore 13,40 del 19 gennaio 2018.
Sono stati arrestati i genitori della bambina rom di un anno e mezzo scomparsa il 23 dicembre dello scorso anno a Giorgino, alla periferia di Cagliari. Sono accusati di omicidio e occultamento di cadavere. La piccola era 'sparita' dopo un incendio del camper della famiglia mentre padre, madre e gli altri quattro figli della coppia - secondo quanto avevano raccontato agli inquirenti - erano a fare una passeggiata sul litorale. I vigili del fuoco, però, spento il rogo, non avevano trovato alcuna traccia della piccola all'interno del furgone. Tra le ipotesi, quella del rapimento per dissidi tra bosniaci e rumeni. Di fatto, il caso è rimasto avvolto nel mistero fino alla svolta di oggi che ha portato all'arresto della coppia.
Slavko Seferovic e Dragana Ahmetovic, entrambi di 28 anni, sono accusati, oltre che della morte della figlia Esperanza, anche di simulazione di reato e incendio doloso. I due sono stati fermati nella tarda serata di ieri nel campo rom di Carbonia e sottoposti tutta la notte a interrogatorio. Hanno negato ogni addebito ma gravi indizi a loro carico - secondo quanto spiegato dal dirigente della squadra mobile di Cagliari Marco Basile - sarebbero emersi da intercettazioni telefoniche. Non è ancora stato possibile, peraltro, stabilire il movente e le modalità dell'omicidio.
Dalle indagini è emerso che la bambina, il cui corpo non è stato ritrovato, era sparita dalla fine dello scorso novembre. I genitori avevano giustificato la sua assenza con la comunità rom parlando di affido a un istituto per motivi di salute. Circostanza poi negata alla polizia che ha anche rilevato pesanti incongruenze nella versione su quanto accaduto il 23 dicembre scorso. L'incendio al camper non sarebbe stato accidentale, come raccontato dalla coppia, ma lo avrebbe appiccato il padre della bambina.
Slavko Seferovic è stato infatti ripreso lo stesso giorno da una telecamera di un impianto di videosorveglianza di una stazione di servizio mentre comprava due euro di benzina con una bottiglia in mano. Il liquido infiammabile sarebbe stato quindi usato per incendiare il mezzo. Infondata - sempre secondo quanto emerso dalle indagini - anche l'ipotesi di un rapimento per una vendetta da parte di un gruppo rivale rumeno a causa di un presunto debito per questioni di droga. I due sono stati rinchiusi nel carcere di Uta in attesa dell'interrogatorio di garanzia. Nel frattempo proseguono le indagini della polizia per fare piena luce su una vicenda che presenta ancora diversi lati oscuri.