Delle sue doti di amatore ne aveva parlato persino uno dei più popolari quotidiani tedeschi, The Bild, e lui, era il 2015, rispose dalle colonne de Il Resto del Carlino: “Tutta promozione per la Riviera. Penso di averne fatta molta più io che cento agenzie”.
Era così Maurizio Zanfanti, in arte Zanza, re dei playboy romagnoli. Verbi usati al passato perché la vita di Zanza, classe ’55, si è interrotta la notte tra il 25 e il 26 settembre stroncata da un malore.
Aveva dichiarato di essere andato in pensione, di aver concluso la sua “carriera” da latin lover, famoso in tutto il mondo grazie ai racconti che le turiste riportavano a casa dopo le vacanze in riviera, ma la passione per il gentil sesso non si era mai placata.
E così era appartato in macchina con una 23enne dell’Est quando il suo cuore ha smesso di battere. La ragazza ha subito chiamato i soccorsi che niente hanno potuto fare.
La leggenda di Maurizio Zanfanti risale agli anni ’70, gli anni d’oro in cui la riviera romagnola era il fulcro della movida estiva italiana e Maurizio lavorava come buttadentro per uno dei locali più rinomati, il 'Blow Up'.
Fisico prestante, capello lungo (prima moro, poi biondo), pantaloni di pelle e gilet borchiati, ma l’ingrediente della sua ricetta per conquistare le donne era certamente il garbo. Un’attività la sua, che vantava migliaia di conquiste, che lascerà posto al mito, alla leggenda a chi lo ha conosciuto e lo ha visto all’opera.
La storia della sua vita per le strade della riviera è rimasta sempre nell’immaginario comune come quella dell’amatore perfetto e tipico italiano, tanto bistrattato quanto intimamente adorato. Un immaginario talmente popolare da catturare anche l’attenzione di intellettuali e artisti, come Michele Serra che nel 1985 lo intervistò per il suo libro “Tutti al mare” o Filippo Malatesta che nel 1997 lo citò nel suo brano “Terrone”. Una storia insomma indimenticabile quella di Zanza, che farà antologia tra i giovani e non della riviera romagnola per sempre.