Come si vive a bordo di un pattugliatore sul quale da più di una settimane più di cento persone sono stipate senza poter mettere piede a terra? A raccontarlo al Corriere è Luigi Patronaggio il capo della Procura di Agrigento che indaga sull'ipotesi che le persone a bordo del 'Diciotti' siano vittime di un sequestro.
"A bordo ho visto una realtà devastante" ha detto il magistrato, "Bambini soli e tanti malati di scabbia". I minori, nel frattempo, hanno lasciato la nave: il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha dato il suo via libera. Ma gli altri restano a bordo. Patronaggio, arrivato da Agrigento, ha incontrato i mediatori culturali e il personale sanitario. Ha aperto un fascicolo contro ignoti "tecnicamente necessario per fare un'ispezione". "Ma la valutazione tecnico giuridica e l'individuazione degli eventuali responsabili è complessa e mi riservo ogni ulteriore decisione da adottare dopo le indagini che ho delegato alla Guardia costiera".
Al Corriere Patronaggio non ha detto se quel fascicolo 'contro ignoti' possa essere poi intestato a Salvini, che fino a ieri ha rilanciato la sfida anche con la magistratura. "La politica e l'alta amministrazione sono libere di prendere le scelte che ritengono opportune. Alla magistratura resta la valutazione giuridica di quanto avviene, su sfere e ambiti diversi. Ovviamente qualsiasi limitazione della libertà personale deve fare i conti con norme e regole della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, della Costituzione, del Codice penale e del Codice di procedura penale. Non si scappa" ha detto il magistrato.
La situazione a bordo non è facile. "Ho constatato che sono quasi tutti affetti da scabbia. Una realtà devastante, a cominciare dai cattivi odori che ti restano addosso. Mi ha accompagnato un appuntato che non era mai stato a contatto con questa realtà. Sconvolto. Ho acquisito i report sanitari che studieremo in questi giorni".
A raccontare il clima a bordo è anche Repubblica. "Gli uomini da una parte, le donne dall'altra. Mani di incrociate sul petto, versetti del Corano, e capi che si chinano uno dietro l'altro, guardando quella terra sulla quale non li fanno scendere". Secondo il quotidiano, i migranti "non protestano, quasi non chiedono neanche più spiegazioni agli uomini della Guardia costiera che, tute bianche, guanti e mascherine, non sanno neanche più cosa rispondere. Se non di avere pazienza e aspettare che la situazione si sblocchi".
Dagli scrosci d'acqua improvvisi "gli uomini si riparano come possono, accucciati sotto le scialuppe di bordo della nave, gli abiti che usano come giacigli per la notte messi via per non farli bagnare perché di asciutti non gliene dà nessuno". "I marinai si prodigano per alleviare i disagi e fanno a gara ad offrire latte, caffè, succhi di frutta. C'è un silenzio irreale, non ci sono bambini né famiglie con figli piccoli e questo, paradossalmente, rende l'atmosfera più pesante perché la vitalità dei bambini
Sul ponte i migranti si dividono per gruppi etnici: gli eritrei, i somali, i siriani, qualche bengalese". Gli uomini della Guardia costiera distribuiscono il pranzo "sempre lo stesso da sei giorni".