Ricevuto e condiviso. L'appello lanciato da Ilaria Capua alla comunità scientifica internazionale è arrivato a destinazione. Sono già diversi i ricercatori che, intervistati dall'Agi hanno manifestato la loro adesione a questa mobilitazione invocata dalla ricercatrice italiana ormai trasferita negli Stati Uniti contro le fake news in ambito scientifico, e contro i danni che il populismo e il qualunquismo politico possono provocare in ambiti delicati, la scienza e la salute, appunto.
"Dobbiamo essere consapevoli che viviamo in un’epoca nella quale la competenza e la verità sono svalutate", aveva spiegato la Capua sul Journal of Virology. In questo contesto, frammenti delle conversazioni e confronti scientifici "possono essere facilmente fraintesi e interpretati in modo scorretto, o deliberatamente decontestualizzati, specialmente da persone che sono motivate da specifici punti di vista politici".
"Mi pare che il tema sollevato da Ilaria Capua - dice all'Agi Carlo Alberto Redi, dell'Università di Pavia - sia un tema di assoluta attualità che mostra chiaramente come, in un mondo sempre più complesso e lacerato come quello in cui viviamo ci siano dei nuovi diritti che debbano essere riconosciuti e garantiti ai cittadini. Mi riferisco al diritto di cittadinanza scientifica, al diritto cioè di ogni cittadino di avere accesso a informazioni certe, validate, e rigorose sulle quali poter prendere le decisioni che riguardano diversi aspetti della sua vita. Penso, per esempio alla scelta di come far venire al mondo i propri figli, o di come andarsene, così come pure la scelta consapevole di conoscere cosa mangiamo".
Anche Silvio Garattini, farmacologo dell’Istituto Mario Negri, non esita a definire condivisibile la chiamata contro le fake-news. "La scienza nel nostro paese è considerata solo tecnologia. Dobbiamo invece fare di tutto perché si capisca, una volta per tutte che scienza non vuol dire solo tecnologia, ma vuol dire cultura, e che anzi, scienza e cultura sono una cosa sola". “Dobbiamo fare in modo - ha detto Garattini - che la scienza non venga più derisa e umiliata al rango di mera opinione".
"Tutti noi ricercatori dobbiamo impegnarci di più e in prima persona nell'agone politico". Molto netta la posizione di Giuseppe Remuzzi, medico e scienziato all'Istituto Mario Negri di Milano. "Nei giorni scorsi su questo tema sono apparse diverse prese di posizione a livello internazionale su importanti riviste come Science e Lancet. In un articolo di Science, per esempio, si chiede espressamente scienziati e ricercatori di entrare decisamente nel dibattito politico e a dare voce e rappresentanza a dati e a evidenze scientifiche. Non si tratta di schierarsi - chiarisce Remuzzi - ma di dare voce a chi, attraverso il metodo scientifico, ha approfondito certi temi, non solo in ambito medico, ma in ogni altro settore delle nostre attività. Non è infatti solo una questione di vaccini, ma sono davvero moli gli ambiti in cui la scienza interviene a fornire informazioni utili per prendere decisioni importantissime. Per esempio, il grande tema del riscaldamento globale, o quello del numero sempre più grande di bocche da sfamare. In ciascuno di questi contesti - spiega Remuzzi, le conoscenze scientifiche sono assolutamente imprescindibili e la politica deve tenerne conto".
Poi c'è il grande tema della salute. "Che non riguarda però solo i vaccini - dice Remuzzi - in un editoriale su Lancet si è chiesto di svolgere un ruolo di avvocati, cioè di difensori dei malati da scelte che possono minare la loro stessa salute".
C’è anche chi mette in guardia sulle strategie contro possibili effetti controproducenti innescati da azioni di mobilitazione come appunto un appello come questo. "Capisco le ragioni che hanno spinto Ilaria Capua a lanciare questo appello. Come ha rilevato lei stessa, non è una questione solo italiana, ma internazionale. Occorre però, se si vuole essere veramente efficaci e recuperare presso l'opinione pubblica internazionale la reputazione e il ruolo che compete agli scienziati, adottare strategie comunicative diverse da queste". È la posizione di Antonio Scala, ricercatore dell'Istituto dei sistemi Complessi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISC-CNR) che ha dedicato gran parte delle sue attività di ricerca proprio allo studio dei meccanismi che permettono la diffusione delle fake news attraverso le piattaforme sociali (social network) con approfondimenti proprio in questo specifico ambito della comunicazione della scienza. "Il rischio - spiega Scala - è che questi appelli si risolvano in una chiamata alle armi che ha un effetto controproducente in relazione agli obiettivi che vogliamo raggiungere. Se gli obiettivi sono quelli di ridare credibilità al mondo della ricerca, dobbiamo evitare di polarizzare lo scontro e di portare la discussione in contesti dove si contrappongono schieramenti che sono come tifoserie di squadre di calcio".