L'omertà e l'intimidazione, con il solo nome del clan Casamonica divenuto ormai più efficiente ad incutere timore rispetto al ricorso alla violenza, usate come metodo sistematico per imporre il predominio della famiglia negli affari illeciti. L'operazione di martedì 17 luglio dei carabinieri del Comando provinciale di Roma, coordinata dalla DDA della Capitale, apre uno squarcio sul clan Casamonica, da anni al centro delle cronache giudiziarie cittadine, contestando alla famiglia di origine Sinti l'aggravante dell'associazione a delinquere di stampo mafioso.
L'alleanza con la cosca calabrese dei San Luca
Sono 33 le persone arrestate tra Roma e le province di Reggio Calabria e Cosenza, altre quattro sono ancora ricercate: i reati contestati a vario titolo sono traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, truffa, usura e concessione illecita di finanziamenti. Partiti dal 'feudo' di Porta Furba, un dedalo di vie non lontano dall'inizio dell'Appia Antica, con ramificazioni territoriali nelle vicine periferie di Tor Vergata, Anagnina e Romanina, per la DDA i membri della famiglia avrebbero ampliato il loro giro di affari e stretto legami con le cosche della 'ndrangheta di San Luca, in Calabria, per accaparrarsi una fetta del mercato cittadino degli stupefacenti, soprattutto nel ramo cocaina. Mentre nella rete del prestito ad usura son finiti anche personaggi famosi come lo speaker radiofonico Marco Baldini, noto per la sua passione per il gioco d'azzardo.
Il ruolo delle donne
L'ordinanza del gip Gaspare Sturzo descrive i Casamonica come un gruppo strutturato, fortemente unito anche per via dei legami di sangue tra gli affiliati, capace di intimorire le vittime del prestito a strozzo. Con le donne della famiglia a giocare un ruolo non secondario nell'organizzazione interna del clan, tanto che un terzo delle persone arrestate sono di sesso femminile. Sono diversi i casi di reticenza nelle testimonianze delle vittime del prestito a strozzo raccolte negli anni dagli inquirenti. Tanto che, come ricostruisce uno dei testimoni, gli affiliati al clan appaiono la "famiglia più pericolosa d'Italia, sono veramente degli animali, che squartano le persone".
Il ruolo dei pentiti, e di un'ex compagna di un Casamonica
Insomma, la celebrazione a tratti kitsch nell'agosto del 2015 del funerale del vecchio capofamiglia, lo zio Vittorio, accompagnata dalle note de 'Il padrino' (i musicisti sarebbero stati obbligati a suonare la canzone), che tanto scalpore aveva suscitato in città, secondo gli inquirenti nascondeva un giro di affari e un predominio territoriale ben più ampio. Determinante nelle indagini il ruolo di due pentiti, tra cui una ex affiliata alla famiglia, già compagna di Massimiliano Casamonica.
La donna da un certo punto in poi della sua relazione sarebbe stata tenuta sostanzialmente segregata in casa da altre componenti del clan, impegnata a badare ai figli, salvo poi riuscire a fuggire. E' ancora in corso invece il conteggio definitivo del valore dei beni sequestrati.
I sequestri: soldi, case, auto e orologi
Nel corso delle perquisizioni però sono stati rinvenuti e sequestrati 50mila euro in contanti, conti correnti, 20 automobili, decine di orologi di lusso.
E poi quattro case popolari, occupate abusivamente dopo essere state sottratte ai legittimi utilizzatori come restituzione di debiti contratti con la famiglia. Sigilli anche alla palestra di Domenico Spada, detto Vulcano, pugile professionista finito in carcere nell'ambito dell'operazione. Tra i beni immobili anche una villa in zona Porta Furba e una casa nel quartiere Infernetto. E poi diversi locali, tra cui un centro estetico in zona Tuscolana, un locale a Testaccio e un ristorante dietro al Pantheon.
Ve la ricordate questa foto? Era il funerale di Vittorio #Casamonica nel 2015. Oggi, sono stati arrestati 31 membri di quel clan. Una buona notizia per la capitale, ma sopratutto per il nostro Paese. La criminalità organizzata va combattuta ogni giorno, ovunque. pic.twitter.com/KHcMK4MtmJ
— Myrta Merlino (@myrtamerlino) 17 luglio 2018