“Non ho scatti che mi ritraggono con i miei figli, le uniche immagini sono quelle della loro nascita. Nessun selfie, nulla. Ma adesso mi riapproprio della mia vita, del mio volto: è come rinascere”. Piera Aiello, testimone di Giustizia eletta alla Camera fra le fila del Movimento 5 Stelle, c’è riuscita, ha lottato tanto e dopo 27 anni si è riappropriata pubblicamente delle sue sembianze, in occasione dell'anniversario dell'omicidio del capitano Mario D'Aleo. Oggi di lei ha parlato anche Il Guardian.
Nata a Partanna (nel trapanese) il 2 luglio 1967, la sua storia inizia quando all’età di 14 anni conobbe Nicolò Atria (detto Nicola) e divenne cognata di Rita, l’indimenticabile ragazza che si suicidò dopo l’attentato a Paolo Borsellino. “Io fui scelta da mio suocero, non da mio marito”. Racconta Piera Aiello. I coniugi provenivano da mondi diversi. La famiglia di Nicola Atria era mafiosa e queste origini provocavano gradi tensioni fra i due.
La situazione crollò definitivamente quando il 18 novembre del 1985, a pochi giorni dal loro matrimonio, il suocero, don Vito Atria, venne ucciso. “Cercai in ogni modo di convincere mio marito ad evitare il tentativo di vendicare la morte di suo padre, ma non ci fu nulla da fare”. Racconta Piera a denti stretti.
“Nicola girava armato – racconta - e si occupava dello spaccio di droga. Quando provavo a dirgli di smettere con questa vita lui mi picchiava“. Nicolò Atria venne ucciso il 24 giugno 1991, proprio sotto gli occhi di Piera. Quella morte che poteva prendere le sembianze di una liberazione, fu invece la tomba della libertà. “Fui perseguitata e sorvegliata a vista dai mafiosi che avevano provveduto ad eliminare Nicola”.
La svolta fu segnata dall’incontro con il Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Marsala, Paolo Borsellino. “Paolo per me diventò lo zio, non avevo idea del ruolo che ricopriva e soprattutto non mi rendevo conto dell’importanza di quell’incontro. Da allora Paolo Borsellino per me non rappresentò solo il magistrato che si occupava delle mie testimonianze, ma diventò un amico, un padre a cui aggrapparsi nei tantissimi momenti di sconforto”.
Era il 1991 e da allora Piera divenne un fantasma, per lo Stato innanzitutto. Infiniti erano i problemi, perfino per una ricevuta fiscale. “Utilizzavo il codice fisale di un’amica – racconta”.
Nel 1997, dopo l’intervento di don Luigi Ciotti e di Rita Borsellino, la situazione si sbloccò. Da lì nasce la rivalsa di Piera Aiello come testimone di Giustizia, fino al 4 marzo, data in cui è stata eletta come parlamentare della Repubblica, con un boom di voti, quasi 80mila, nel feudo di Matteo Messina Denaro.
“Penso di essermi ripresa la Sicilia a piene mani, quella toltami 27 anni fa quando sono andata via in sordina con una bambina ed una valigia ed oggi sono tornata vittoriosa”. Commentò con l’Agi il giorno dell’elezione, spiegando che la vittoria fosse “dedicata allo zio Paolo (Borsellino)”, il quale quando andò via dalla Sicilia le disse “prendi la Sicilia e strappala, dimenticala”. L’unica cosa che Borsellino per Piera Aiello ha sbagliato “forse questa volta ti sei sbagliato, caro zio Paolo. Ecco la mia Sicilia”.
La sua immagine, nel corso della campagna elettorale, non era sui fac-simile delle schede elettorali ed anche il suo tesserino di parlamentare era privo di foto. “Tutto fino ad oggi”, commenta Piera Aiello. “Del mio nome mi sono riappropriata quando sono entrata alla Camera per la prima volta. Adesso, in questa occasione e nella mia terra, mi riapproprio del mio volto”.
La vita sotto protezione, quella che conduce da 27 anni, continuerà. Ma Piera non ha paura, oggi l’ennesima tappa di una vita difficile e controcorrente, oramai “a volto scoperto” e “senza paura”.