Milano fa parte di una rete di città europee, Parigi, Londra, Barcellona, Francoforte, con le quali ha più punti in comune che con le altre città italiane importanti, a partire da Roma. E, come spiega in un'intervista all'Agi Stefano Boeri, architetto e da pochissimo presidente della Triennale, la settimana del salone del mobile è quella in cui questo fenomeno è più evidente. "C'è una rete globale di città e Milano c'è, fa parte di questa specie di grande città diffusa. In questo senso è diversa da Roma e da Torino, ha questa caratteristica che la distingue".
Alla vigilia dell'inaugurazione del Salone del Mobile e di tutti gli eventi del "Fuori Salone", Boeri non mostra di apprezzare la scelta di posizionare un mega yacht proprio davanti all'entrata della Triennale: "Non voglio prendere le distanze né criticare il lavoro fatto finora: ma la Triennale che vedete ora non è quella che costruiremo, anche se rispetto il lavoro di chi mi ha preceduto".
Venerdì, in piena settimana del design, il neo presidente dell'istituzione culturale più importante del settore presenterà il nuovo team e il programma dei prossimi mesi. "Da quello si capirà che le cose stanno cambiando, perchè la gente non sa che quello che si vede ora è il risultato di scelte precedenti".
Che cosa significa per Milano la settimana del Salone?
"Da quando c'è stata Expo, i saloni raccontano di una città che ha consolidato un primato, sicuramente a livello nazionale ma anche internazionale, come città polivalente e competitiva su diversi fronti. Prima il Salone era l'unico grande evento internazionale, perchè le settimane della moda non arrivano ad avere lo stesso impatto. Oggi però il Salone viene ospitato da una città che ha una capacità attrattiva su tutti i fronti".
Come giudica il proliferare dei "distretti" del Fuori Salone, che fino a 7 anni fa era solo nella zona di via Tortona?
"Gli ultimi numeri del Salone alla Fiera di Rho sono stati impressionanti, e per quest'anno me ne aspetto di anche maggiori. Ma anche il Fuori Salone si è dimostrato vivo e dinamico. Soprattutto, ed è un fatto abbastanza unico rispetto ad altre città con eventi simili, ha dimostrato una fluidità molto interessante. Dall'anno scorso c'è il distretto dell'Isola, ma sei anni fa si era cominciato con quello di Farini Lambrate, tre anni fa era nato quello di Brera. C'è una specie di movimento fluido degli eventi, questo è un bellissimo segnale per il Salone e per Milano: una città porosa e capace di ospitare e accendere fatti diversi a seconda anche della capacità di chi abita nei quartieri, di aprire nuovi spazi, di generare nuovi incontri: questo mi sembra molto bello".
In questi giorni Milano è "invasa" da visitatori di tutto il mondo. Quanto si sente la crisi geopolitica in corso?
"C'è una crisi internazionale gravissima. Milano ha in realtà il mondo intero dentro di sè: la comunità siriana, le comunità che appartengono al bacino mediterraneo sono presenti e hanno grande importanza a Milano. è una città che ormai vibra di queste connotazioni, e il salone è sicuramente internazionale. Però, ci rendiamo conto che ci sono pezzi del mondo in cui i problemi sono altri: qui si parla dell'abitare, si parla del futuro. Illudiamoci che sia ancora possibile farlo".
Quali sono i settori di punta di Milano oltre al design?
"La ricerca sanitaria e gli atenei, penso al Politecnico e alla Bocconi. Ma anche alcune parti dell'editoria: Sono settori indiscutibilmente forti, che rendono Milano parte di una rete nella quale dobbiamo restare, ma non è scontato che sia possibile. Si tratta di 'città mondo', nel senso che al loro interno, Milano e le altre della rete hanno un vero mondo di comunità internazionali, che interagiscono in un contesto planetario di relazioni".