Malpensa in subbuglio a causa dell’app “Risciò” degli autisti cinesi: da due settimane, scrive il Corriere della Sera, gli Ncc (noleggio con conducente) hanno organizzato una protesta contro i guidatori cinesi senza licenza, sfiorando la rissa e arrivando all’uso di spray urticante. Il problema è stato messo in luce dai recenti servizi andati in onda su Striscia la Notizia e le Iene, che hanno denunciato il “mondo nascosto” degli abusivi orientali (e ricevuto per questo minacce di morte), suscitando l’indignazione della comunità cinese che oggi si sente messa alla gogna per un problema che riguarda il vuoto normativo italiano - dicono all'Agi - come già emerso l’anno scorso per Uber.
Perché gli Ncc hanno organizzato i picchetti all’aeroporto di Milano? Per ottenere – scrive il Corriere - l’inasprimento delle sanzioni staccate dalla polizia locale. Un episodio accaduto durante la Settimana della Moda ha fatto scattare il livello di allarme: un autista abusivo fuggì davanti a un hotel in corso di Porta Nuova rischiando di investire un vigile. Sono 414 gli autisti abusivi a Milano che usano l’app Risciò, solo in lingua cinese (si può scaricare anche con sim italiana); un “sistema di trasporto parallelo” che utilizza van o auto di alta gamma. I noleggiatori a norma hanno avvisato i turisti asiatici in arrivo dell’irregolarità del loro taxi, cui i viaggiatori cinesi fanno poco caso giacché abituati a usufruire di servizi variegati, attaccando degli adesivi sulle auto degli abusivi.
Chinatown punta il dito contro l’assenza di norme. Il Tribunale di Roma nel maggio del 2017 diede il via libera ‘definitivo’ ad Uber di operare in Italia, emettendo una sentenza che per almeno due terzi evidenziava il pasticcio normativo italiano che aveva scandito 4 anni di scontri durissimi tra i tassisti e gli altri operatori del trasporto non di linea (Ncc, appunto, Uber in primis). Ci troviamo di fronte a un caso simile?
Ma cos’è Risciò?
Non si chiama Risciò ma Huangbaoche (皇包车). Si tratta di una start-up basata a Pechino e diffusa in tutto il mondo: arruola oltre 100mila tra autisti e guide turistiche che parlano cinese in circa 1600 città in 90 Paesi. Nel 2017 raggiunge sei milioni di utenti. In Italia sono 1017 gli autisti di Huangbaoche, 357 solo a Roma. I prezzi variano a seconda del rating e del servizio offerto. Si paga con carta di credito soprattutto tramite Wechat.
L’ha fondata un trentaquattrenne. Lui è Meng Lei, nato da una poverissima famiglia di contadini dello Shandong, senza neanche uno straccio di diploma delle scuole medie. Il protagonista di questa storia non ha nemmeno vent’anni quando va a cercare riscatto a Pechino, convinto che la capitale possa fare la sua fortuna. Entra nella società di prenotazioni turistiche CTRIP per una veloce gavetta come agente di vendite; fa volantinaggio alle stazioni, parla con la gente. Scopre di avere talento: capisce che manca qualcosa di esclusivo per la classe media che si affaccia sul mercato e fonda Wokee, società che offre un servizio di prenotazione per i passeggeri aerei in business e prima classe. Siamo solo nel 2004. Nella sua mente si fa largo un’idea precisa: se un cinese avesse una guida locale che possa accompagnarlo durante un soggiorno all’estero, si sentirebbe a casa, dice Meng Lei in una intervista su Pin Chain. Nasce così l’idea di Huangbaoche: un taxi privato guidato da un cinese. Ovunque nel globo terrestre.
L’8 dicembre 2014 Meng Lei fonda Hi Guides (alias Huangbaoche), una piattaforma che offre ai turisti cinesi pacchetti viaggio e servizi di prenotazione (pick-up all’aeroporto: un grande classico). Nel novembre del 2015 si unisce al team Pan Fei, classe 1982, con la carica di Ceo. Pan ha un passato sempre in CTRIP dove è stato direttore di area nell’isola tropicale di Hainan.
Una start-up da 50 milioni di dollari
Nel settembre 2015 Huangbaoche ottiene finanziamenti pari a 48 milioni di yuan (circa 6 milioni di euro) da parte di tre fondi di venture capital cinesi (Youguang Capital, Gobi Partners Venture Co. e Zuoyu Capital). L’anno dopo, nell’agosto del 2016, arrivano altri 120 milioni yuan (15.400 milioni di dollari) da Founder H Fund Co. Ltd. Recente il terzo round di finanziamenti, nel marzo di quest’anno, con 50 milioni di dollari da Sequoia Capital China, Matrix Partners China, Hexie Capital, e un investitore individuale, Shao Yibo, partner at Matrix China, nel 2010 nella classifica dei 400 cinesi più ricchi stilata da Forbes.
Basta essere cinese e avere la patente
Sei cinese, vivi all’estero e hai una patente di guida? Allora puoi lavorare per Huangbaoche anche senza essere un autista professionista. Anzi, di più: puoi aggiungere al servizio di taxi anche quello di guida turistica. In una intervista del 2015, Meng ha detto che il 60% degli autisti-guide hanno firmato un contratto direttamente con la società, mentre il resto è fornito da una rete di tour operator locali con cui Huangbaoche ha siglato accordo di partnership. No, non è vero che non ci sono regole: la società ha stabilito che per gli oltre 100 mila guide-autisti free lance la durata del servizio non debba superare le 10 ore al giorno, e non si possano percorrere più di 300 chilometri al giorno dentro la stessa città e 600 chilometri tra una destinazione e l’altra. Il sistema si regge su un rating interno: il candidato principiante può offrire solo il servizio di pick-up da e verso l’aeroporto, chi ha esperienza viene promossa a guida-autista. La selezione è rigida, si diventa guide-autiste in quattro passaggi: colloquio, formazione, verifica, rating. Per essere assunto l’autista deve avere almeno 12 crediti. C’è anche un meccanismo di “punizione”: a ogni infrazione l’autista perde punti (come per la patente). Gli utenti non devono pagare le spese dei pasti e dei pedaggi.
Boom nelle alpi svizzere
In Svizzera Huangbaoche funziona alla perfezione grazie a un accordo tra la start-up e l’Agenzia Nazionale del Turismo; non sono poche le guide-autiste cinesi che parlano tedesco ad aver passato l’esame e ricevuto la patente di tour operator dalle autorità locali. Huangbaoche si espande. Alla fiera del turismo di Canton, dove l’app ha ricevuto il premio come migliore piattaforma del futuro, il direttore generale per l’Asia e il Pacifico, Simon Pao, ha sciorinato numeri interessanti: nel 2017 nelle tranquille alpi svizzere i turisti cinesi hanno trascorso un totale di 1.4 milioni di con un aumento del 12% rispetto al 2016.
Il problema italiano
In Italia bisogna rimettere mano alla legge dei trasporti. “Sono moltissime le app che offrono servizi di prenotazione di auto a noleggio con conducente (da Zego a Blablacar, che ha un concetto diverso, ndr)”, dice all’Agi Francesco Wu, 37enne ingegnere e imprenditore di origine cinese cresciuto in Italia, ideatore del nuovo Ramen a Mano a Chinatown. “Gli abusivi – spiega - devono certamente mettersi in regola, ma si sta scatenando una ‘guerra tra poveri’ e a finirci di mezzo sono i cinesi messi alla gogna perché riconoscibili”. I taxi (la cui licenza costa oltre 150 mila euro) sono “giustamente arrabbiati”, sottolinea Wu, ma “la concorrenza sleale non arriva sono dagli autisti cinesi: ci sono anche gli Ncc abusivi (chi ha la licenza registrata in un’altra città)”. Insomma, per Francesco Wu, fresco della nomina come referente per l’imprenditoria straniera di Confcommercio Milano, bisogna regolamentare il settore e tutelare i tassisti con licenza. Di più: “Fare in modo – scandisce - che siano competitivi con Uber e al tempo stesso liberalizzare il mercato per avvantaggiare i consumatori”.
A Milano la situazione è esplosiva. I picchetti a Malpensa hanno coinvolto persone che non c’entrano nulla. “Nel servizio andato in onda alle Iene – spiega Wu - un autista cinese scambiato per abusivo era il dipendente di una imprenditrice cinese molto nota nella comunità, che era davvero andato in aeroporto a prendere un parente”. Gli fa eco Marco Wong, 54 anni. presidente onorario di Associna, come Wu cinese di seconda generazione, già candidato a Prato e come consigliere comunale al Campidoglio. “Sui social della comunità – dice all’Agi - serpeggiano molte polemiche, ci sono andati di mezzo padri di famiglia e gente estranea”. Succede così che al primo cinese che arriva, un furente autista italiano gli applichi l’adesivo con la scritta “abusivo” sul cofano della macchina. “E se capita quel cinese – incalza Wu - sia tipo mio padre che non parla bene italiano e non è in grado di spiegarsi? Sono episodi gravissimi che rischiano di degenerare in incidenti violenti”.
Francesco Wu, che ha fiuto per gli affari, non sottovaluta le ricadute negative che queste tensioni possono avere sul turismo. “Il rischio – dice - che la foto di una rissa tra autisti scattata dal turista in arrivo diventi virale è forte, e potrebbe persuadere i cinesi a viaggiare verso altre mete europee”. I turisti cinesi spendono in media 900 euro al giorno tra shopping di marchi (non pagano l’iva) e alberghi.
Ma chi sono questi autisti? “Cinesi di prima generazione – risponde Wu - giacché le seconde hanno studiato, fanno impresa”. Come lui. “Si tratta - aggiunge - di cinesi che hanno perso il lavoro o che magari vogliono arrotondare lo stipendio”, aggiunge. “Hanno la patente italiana, quindi sono residenti”, dice Marco Wong. “Il fenomeno - spiega - è nato intorno al 2010. Quando mi ero candidato a Prato avevo proposto un percorso di regolarizzazione. A Prato il servizio è rivolto non tanto ai turisti, come a Milano e a Roma, ma a residenti in aree poco servite e orari notturni”.
(Ha collaborato Wang Jing)