Da metà gennaio gli orologi elettrici di tutta Europa hanno accumulato 6 minuti di ritardo. E la colpa è di Serbia e Kosovo che non hanno mai risolto le loro divergenze politiche. A farne le spese sono (anche) i 25 Paesi appartenenti al Sistema di energia europeo che hanno visto radiosveglie, forni a microonde, timer e altri dispositivi alimentati a elettricità perdere colpi. Ciò accade perché gli orologi elettrici dipendono dalle frequenze dei sistemi elettrici nazionali, e non da un unico sistema di calcolo dell'ora basato su meccanismi con cristalli a quarzo.
Questione di Herz
Ma cosa c’entra con la misurazione del tempo? Semplice: la ‘guerra’ in atto si combatte sulla rete elettrica. A rivelarlo è l’Entso-E, l’ente che raggruppa gli operatori di rete elettrica di 25 Paesi europei, Italia inclusa. In Europa la frequenza dell'elettricità è 50 Hertz, un valore medio per cui se resta all'interno di una forchetta di tolleranza, tutto funziona regolarmente. Poche settimane fa, però, il Kosovo ha utilizzato più energia di quanta riesce a produrre e la Serbia, a causa delle continue dispute territoriali, non ha rispettato l'obbligo che la vede per legge costretta a compensare eventuali ammanchi del vicino. E così, il consumo anomalo e sbilanciato di elettricità del blocco Serbia-Montenegro-Macedonia si è fatto sentire in tutto il continente.
Come funziona il sistema elettrico europeo
Secondo un’analisi de Il Post, i fornitori di energia collaborano per mantenere tutti i Paesi collegati tra loro, in modo che possano avvenire scambi quando una nazione ha più necessità di un’altra. Allo stesso tempo, in questo modo è anche più facile che si possano gestire meglio i picchi, cioè i periodi in cui la domanda di energia è molto alta.
Questo significa che ogni “nodo” della rete (centrali, trasformatori e altre strumentazioni) deve essere in grado di rilevare le variazioni e adattarsi di conseguenza per mantenere stabili le forniture. La rete eroga corrente alternata, un tipo di corrente elettrica nella quale la polarità (+ e -) viene invertita di continuo nel tempo.
La variazione avviene con una periodicità fissa, che nel caso europeo è pari a una frequenza di 50 Hz (si verificano cioè 50 inversioni al secondo). Mantenere stabile la frequenza su una rete così estesa è una delle sfide più grandi per i fornitori di energia elettrica.
Se i consumi sono più bassi della quantità di energia prodotta, la frequenza aumenta; se invece i consumi sono più alti della produzione, allora la frequenza si abbassa. In tutta la rete europea, i generatori sono impostati con sistemi di controllo che regolano automaticamente il loro lavoro per rispondere ai cambiamenti della frequenza, in modo da mantenerla costante al variare dei consumi. Nel caso in cui parte della rete non lo faccia adeguatamente, come sta avvenendo in Serbia e Kosovo, la rete si sbilancia con un effetto a catena che porta la frequenza ad allontanarsi dai 50 Hz dello standard.
Un antipatia lunga 10 anni
I cattivi rapporti tra Belgrado e Pristina risalgono alla secessione kosovara dieci anni fa. Ma è dalla fine della guerra in Kosovo nel 1999 che la parte nord della regione ancora fedele alla Serbia non paga a Pristina l’energia che utilizza. Poi, nel 2015, i due Paesi firmarono un accordo per cercare di operare insieme le loro reti elettriche, ma non è stato finora tradotto in pratica in mancanza di accordi politici sulla distribuzione del consumo di energia tra i due.
Lo scorso 26 febbraio, riporta “Il Fatto Quotidiano”, il ministro degli Esteri serbo Ivica Dacic ha minacciato il ritiro dal dialogo in corso se i kosovari continueranno a rimandare e a ignorare la creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo, ritenuta punto centrale e irrinunciabile degli accordi di Bruxelles dell’aprile 2013 per la normalizzazione dei rapporti.