"Fascisti e razzisti? Dirò una cosa terribile, ma credo che esserlo sia diventata una moda. E' di moda essere fascisti o razzisti. Penso proprio di sì. Il problema è che non tutti sono davvero consapevoli di cosa stiamo parlando. C'è una ostentazione, una sfacciataggine nel proporre certi messaggi e nel rappresentarsi agli altri attraverso alcuni modelli del passato tornati ora alla ribalta e i giovani sono quelli che per primi ne risentono. I ragazzi sono i più esposti grazie anche a strumenti come Internet che spesso sono fuori controllo".
A parlare con l'Agi è Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma, che in occasione del Giorno della Memoria riflette su possibili rigurgiti di fascismo che poi possono sfociare in antisemitismo e che sembrano trovare terreno fertile nelle nuove generazioni: "Mancano strumenti normativi e tecnici per controllare il web sul quale passa di tutto. Su questo dovremmo interrogarci e fare fronte comune"
Roma è razzista?
No, parlare solo di Roma sarebbe riduttivo. Il pericolo si avverte in tutto il Paese. Pensiamo al caso dello stabilimento balneare, alla recente manifestazione di Milano. Sono matrici diverse, sì, ma il tema esiste ed è innegabile. E in realtà, il problema c'è sempre stato. Questo Paese non ha mai fatto i conti con la propria storia e ne abbiamo continue testimonianze.
Ci sono delle responsabilità, la scuola per esempio, fa troppo poco?
Non so dirlo anche perché sarebbe ingiusto dal momento che spesso vedo lo sforzo di tanti insegnanti che, invece, si fanno carico sulle loro spalle di tramettere valori. I programmi scolastici si devono adeguare certo, si devono evolvere tutto giusto. Ma questo deve avvenire senza penalizzare la storia. La storia non si può cambiare o cancellare. Una volta, la seconda guerra mondiale si studiava bene anche in quinta elementare, adesso occorre aspettare gli ultimi anni di liceo per un approccio all'argomento. Ma nel frattempo i ragazzi si formano. C'è una crisi di valori generale sulla quale si innescano movimenti come CasaPound.
Si fa leva sui bisogni sociali, sull'emarginazione, sul problema di mettere insieme il pranzo con la cena. Questa è una realtà di fatto. E poi c'è il vuoto di chi dovrebbe occuparsi di trasmettere l'educazione. C'è un decadimento del percorso educativo. Noi ebrei, da questo punto di vista, siamo un po' più fortunati perché abbiamo una impostazione matriarcale, la mamma impone la cultura, trasmette la religione e questi aspetti non si trovano ovunque o con la stessa intensità . Noi prestiamo continuamente attenzione ai libri di storia che spesso viene ridotta, costruita in altro modo. C'è poi questa tendenza a relegare gli ebrei alla storia del passato, ma qui dobbiamo invece preoccuparci del presente.
Lo scorso anno in un tweet in occasione del Giorno del Ricordo rinnovava la memoria degli italiani uccisi nelle Foibe...
Sì, perché, ferma restando l'unicità della Shoah, non possiamo perdere la nostra umanità che va oltre il credo e le identità di Paesi, confini e nazioni. Ogni uomo e donna che perde la vita per ideali terribili che sviliscono l'umanità, merita di essere pianto. Ferma restando l'unicità della Shoah ripeto, pensando al dramma delle Foibe, al genocidio armeno o al Ruanda, affermo che non si può non guardare alla storia sotto ogni profilo e quindi i morti meritano il ricordo.
Ha un sogno nel cassetto?
Le debolezza dell'uomo le conosciamo, sono difficili da combattere. Non voglio parlare di utopie ma di aspirazione: quella del convivere, del fare in modo che le tante voci delle diversità diventino una voce unica, ciascuna con le proprie caratteristiche, per carità, ma una voce unica. Per confrontarsi serenamente. In questo modo, i nostri ragazzi potrebbero andare serenamente uno sotto braccio all'altro, senza rimarcare differenze, andando incontro a una vita serena. Roma, ad esempio, ha queste potenzialità perché racchiude al suo interno tante realtà differenti, tante storie e tradizioni. Noi siamo forse quella più antica, ma non certamente non l'unica. Siamo a disposizione. Ci si potrebbe mettere insieme intorno a un tavolo per immaginare di costruire un grande progetto comune di convivenza e rispetto su Roma per i nostri ragazzi.
Difficile?
Non è difficile: la chiave sta nell'educazione. Un'educazione fondata sul rispetto, sulla modestia, sulla consapevolezza che non siamo gli unici a vivere in questo mondo. Vivere guardando all'altro ed avendone rispetto.
Cosa vuol dire memoria?
Memoria non vuol dire guardare solo al passato ma trasportare quel passato nel presente per cercare tutti un futuro solidale e di rispetto comune. La trasmissione della memoria è fondamentale: solo guardando da dove veniamo capiamo dove possiamo andare. Ma se la releghiamo solo al 27 gennaio, rischiamo di commettere un errore. Rischiamo di perdere di vista il resto del tempo. E' giorno della memoria tutti i giorni. Ciascuno di noi deve portare la memoria quotidianamente.
E la proposta di togliere i nomi dei firmatari del Manifesto sulla Razza dall'intestazione di alcune vie e piazze di Roma?
E' un'iniziativa che accolgo con molto piacere: l'ho detto e lo ripeto. Dal punto di vista ebraico, dico che la storia non va mai cancellata. Vogliamo sempre ricordare chi sono i nostri nemici e cosa hanno fatto. Da chi ha fatto del male si può imparare per non ripetere errori in futuro. Sì, è opportuno cambiare intestazione alle vie dedicate a coloro che non si sono mai dissociati. Ed è una occasione per ridare dignità agli ebrei cacciati dai tanti posti di lavoro che dovettero abbandonare proprio a causa delle leggi razziali.
Allo stesso modo, ho accolto con gioia l'iniziativa del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di nominare Liliana Segre, una delle più importanti testimoni della Shoah, senatore a vita. Il suo è un gesto che rappresenta la presa di coscienza delle Istituzioni per quello che è successo, un gesto concreto di richiamo alla Memoria nel presente. La testimonianza di come questo Paese cerca di impegnarsi su questo fronte. E aggiungo: se qualcuno ritiene che gesti come quello del Comune di Roma o di Mattarella siano stati fatti per meri fini elettorali, sappia che offende. Banalizzare tutto questo per scopi di propaganda è decisamente un'offesa".
E le dichiarazioni di del presidente della Cei, Gualtiero Bassetti?
E' stato un messaggio che mi ha colpito in modo molto positivo, lo dico a cuore aperto. Possibile che ancora si debba parlare di razza, infatti? Se dai cattolici viene un'affermazione netta contro i temi della supremazia delle razze, noi non siamo più soli".