Distruggono i raccolti, si affacciano nei centri urbani e a volte interferiscono addirittura con la circolazione: la presenza di cinghiali su tutta la Penisola ha raggiunto da tempo il punto di guardia, e la crescente densità di popolazione di questi animali rischia di essere un pericolo sia per gli umani che per loro stessi. L’ultimo incidente è avvenuto la sera del 22 gennaio, quando il regionale Pistoia Montecatini ne ha investiti due, morti sull’impatto. Ma il problema è sempre più comune vicino alle città, come nel caso di Roma, dove ormai gli abitanti di alcune zone si sono rassegnati alla loro presenza. L'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), gli agricoltori e la Coldiretti hanno lanciato l’allarme, ma la risposta da parte delle istituzioni in molti casi non è sufficiente o efficace.
“Dagli anni sessanta l’area boscata è raddoppiata su tutto il territorio, e questo contribuisce alla diffusione degli ungulati, che seguendo l’alveo del fiume o le fasce verdi si possono ritrovare in piena zona urbana”, ha spiegato ad Agi Fiore Serrani, tecnico faunistico. Le popolazioni di cinghiali, cervi e caprioli sono aumentate costantemente: l’abbandono delle coltivazioni in ambiente montano, che ha interessato oltre due milioni di ettari di superficie agricola negli ultimi venti anni, la diminuzione delle attività di caccia e l’aumento delle aree protette ne hanno favorito significativamente la diffusione. Ma l’elemento forse più importante è stato proprio il costante aumento di superficie forestale nel Paese. Dal 1990 a oggi questa è cresciuta costantemente, fino a coprire il 34,7% del territorio nazionale (corrispondente a ben 10.467.533), e creando un habitat particolarmente favorevole alla presenza di animali selvatici.
Secondo i dati forniti dalla Banca dati ungulati dell’ISPRA, nel periodo 2005-2010 i cinghiali presenti in Italia sono aumentati del 50-60%, i caprioli sono passati da 425.000 a 455.000, e i cervi da 63.000 a 68.000. Su questi dati c’è da dire però che, per quanto riguarda i cinghiali, potrebbero addirittura essere sottostimati. A differenza di caprioli e cervi, il cinghiale non viene censito in modo uniforme e regolare in tutte le regioni.
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Oggi il problema dei danni alle coltivazioni sta assumendo una rilevanza notevole a livello nazionale soprattutto per l’impatto economico che ne deriva. Secondo le stime disponibili, reperite fino al 2004, il totale degli indennizzi erogati non sarebbe inferiore a circa 10.300.000 euro, di cui il 90% per danni causati da cinghiali. Eppure non si è mai riusciti a ottenere un coinvolgimento a livello nazonale nel mettere in pratica le linee guida che l’Ispra aveva stilato: “Il fenomeno è evidente, ormai i cinghiali hanno conquistato la quasi totalità del territorio nazionale, e si diffondono con grande facilità anche nelle aree urbane. Particolarmente sensibili sono poi quelle aree come la Liguria, dove gli insediamenti umani sono compressi tra la forestazione e la costa - ha detto Silvano Toso, ex direttore dell’Ispra - Noi abbiamo fornito un’ampia documentazione su come affrontare la gestione del problema, ma quando si chiede ai politici di prendere decisioni basate su rigorosi presupposti scientifici…”.
Toso ha spiegato anche che in passato sono state effettuate immissioni di cinghiali sul territorio nazionale, sia in modo controllato che tramite allevamenti che hanno agito al di fuori della legge: “Anche se questa pratica non è sicuramente molto più praticata, non posso escludere che non avvenga del tutto”. Come precisato da Serrani però, “Non sono stati i cacciatori, anche se sicuramente ne hanno beneficiato nell’attività venatoria”. Oggi la partita si gioca su un difficile bilanciamento tra la caccia e la sempre più pressante presenza di cinghiali: i primi destinati per ragioni anagrafiche a diminuire, mentre i secondi proliferano con sempre meno difficoltà. Anche se per Toso la caccia intensiva non è la risposta giusta, “Serve una caccia ‘migliore’, maggiore monitoraggio del fenomeno e un’attività venatoria meglio coordinata nel regolare la pressione di ungulati sul territorio”.