Il caso Divo Nerone, salito agli onori delle cronache quest'estate, dopo aver occupato le pagine dei giornali adesso ingombra ancora con l'enorme palco il Palatino, nonostante siano trascorsi 5 mesi dal prevedibile flop della cosiddetta "opera rock". È la denuncia di Fp Cgil, secondo cui Soprintendenza e Ministero si rimpallano la responsabilità di aver autorizzato l'evento, lo Stato tramite il Parco Colosseo pagherà lo smontaggio del palco che le società coinvolte non rimuovono, artisti e tecnici avviano cause legali.
"La Fp Cgil di Roma e Lazio è stata presente ai tavoli di contrattazione locale della Ex Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l'area archeologica centrale di Roma, che da marzo 2017 hanno presentato Divo Nerone alle parti sociali, per regolare ai sensi del contratto la partecipazione all'evento dei lavoratori del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, necessari a garantire la tutela e la vigilanza del patrimonio archeologico e delle aree interessate".
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"Abbiamo sin da subito espresso grandi perplessità sul progetto - aggiunge il sindacato in una nota - sull'impatto ambientale e acustico ai danni dei beni archeologici e sull'opportunità culturale di una simile operazione, e per queste ragioni non sottoscritto l'accordo per la partecipazione dei lavoratori.
"Oggi le macerie di Divo Nerone sono uno scempio sotto gli occhi di tutti e i lavoratori del Mibact che pure hanno prestato servizio durante l'evento non sono stati ancora pagati. Si tratta di un credito di oltre 60.000 euro per prestazioni in conto terzi che la Nero Divine Ventures non ha corrisposto e per cui il Ministero tarda a esigere l'escussione di una polizza fideiussoria prevista per legge e in scadenza il 31 dicembre prossimo.
"Abbiamo naturalmente attivato - conclude la nota - la tutela legale per questi lavoratori, ma è intollerabile che dipendenti del Ministero debbano ricorrere agli avvocati per ottenere la retribuzione per un lavoro prestato nell'ambito di una convenzione sottoscritta dal Ministero stesso. Il Mibact dovrebbe farsi immediatamente parte attiva e garante dei pagamenti".
Cosa aveva detto Casella a settembre
Senza un programma dettagliato è impossibile fare una stima della tempistica. E lo stesso vale per il valore dello smontaggio, aveva sostenuto il produttore Christian Casella all'inizio di settembre in una intervista all'Agi. "Un conto è liberare l'area in 10 giorni e un conto in 30. Ovviamente se si impiega il triplo delle persone il costo aumenta. Dieci, quindici giorni in più non cambiano la vita a nessuno - proseguiva il produttore - Meglio fare le cose con raziocinio ma bene. Non dobbiamo semplicemente portare via delle fioriere. Con la fretta in questi casi si rischiano brutti incidenti. È una questione delicata sia per quanto riguarda la salvaguardia delle persone che lavorano per molte ore in quota, sia per la particolarità dell'area. Un lavoro fatto male può provocare gravi danni al sito". Per Casella "la fase di smontaggio è la più difficile. Abbiamo alzato un aereo in volo e dobbiamo portarlo a terra; e se me lo consente aggiungerei che l'aereo non è in ottime condizioni".
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