Il cadavere di un uomo, giunto la sera prima al Pronto Soccorso, sarebbe stato lasciato per alcune ore davanti la porta di un bagno del reparto di Chirurgia d’Urgenza dell'ospedale Caldarelli di Napoli. O almeno è quanto sostiene su Facebook una donna la quale assicura che il corpo sarebbe rimasto per circa tre ore - si legge sul Corriere - nell’area attigua al bagno, prima di essere trasferito all’obitorio. Il bagno, che solitamente è usato dai pazienti e dai parenti nonostante si trovi in un’area riservata, è collocato all’interno di una delle medicherie del reparto e per usufruirne bisogna entrarvi. Secondo la direzione dell'ospedale, però, la donna non avrebbe mai dovuto accedere in quell'area.
Il racconto della testimone
“Ho fatto fatica a crederci, ma quando sono arrivata dentro - scrive la donna - ho constatato di persona il livello di degrado a cui siamo arrivati. Stavo per svenire. Poi, ho deciso, dopo sette ore trascorse in pronto soccorso in attesa, che mia madre fosse ricoverata e dopo una notte sulla barella in corridoio proprio a fianco del pover’uomo che già era in agonia: tutto questo va denunciato”. La macabra scoperta in realtà è stata fatta da una paziente, che si era recata nella toilette e ha visto il corpo sulla barella. La donna, poi, ha raccontato - racconta il Corriere - quanto accaduto alla figlia di un’altra paziente ricoverata nella sua stessa stanza. Che, incredula, a sua volta ha voluto sincerarsi di persona se davvero quel racconto incredibile fosse vero. Così è andata in bagno e ha visto il cadavere sistemato vicino al muro. A quel punto ha deciso di denunciare il fatto su Facebook.
La versione dei dirigenti dell’ospedale
Per i vertici dell’ospedale napoletano, il cadavere era stato trasportato dal reparto all’interno della medicheria, come spesso accade prima del trasferimento all’obitorio. E la donna - scrive sempre il Corriere - non era autorizzata ad entrare all’interno della stanza dove si trovava la barella. Inoltre, secondo i dirigenti del Cardarelli, il cadavere sarebbe rimasto in quell’area solo pochi minuti e non, come denunciato dalla donna, per quasi tre ore. "Non riusciamo a comprendere la descrizione che è stata fatta - ha detto il manager dell’ospedale, Ciro Verdoliva, intervistato da Rainews - il paziente è stato portato in obitorio alle 10.50. Siamo veramente esterrefatti. Noi sicuramente avvieremo un’inchiesta interna. Ho già avuto la cartella clinica. Siamo molto attenti su queste cose. Probabilmente le persone che hanno raccontato il fatto non avevano l’orologio puntato all’ora giusta o hanno dato una versione, diciamo così, con un po’ di colore. Siamo molto dispiaciuti di questo attacco". La versione è stata confermata dalle verifiche dei carabinieri del Nas.
Dall’arrivo, al pronto soccorso, alla morte (secondo la direzione ospedaliera)
La direzione generale dell'azienda ospedaliera ha diffuso una nota dove spiega lo svolgimento dei fatti. “Il paziente S.G. - si legge su Il Mattino - è arrivato al pronto soccorso in codice giallo alle ore 16,46 del 29 agosto, ricoverato in chirurgia d’urgenza alle 20,30 della stessa serata. Già in condizioni disperate in quanto la sua patologia di base lo caratterizzava come ‘paziente in fase terminale, è deceduto alle ore 10 del 30 agosto, dopo assistenza medica e rianimatoria iniziata dalle ore 9”.
“Dopo il decesso, al fine di permettere la composizione della salma ed evitare che la stessa restasse nell’area di degenza, come del resto da prassi, si è provveduto - si legge ancora nella nota - al trasferimento nella medicheria del reparto. L'area in questione è inibita ai degenti ed è riservata esclusivamente al personale. La salma è stata poi prelevata alle ore 10,50 e trasportata all’obitorio. Pertanto la salma non è stata mai ‘appoggiata’ nel bagno, come incautamente riportato da alcune testate online né tantomeno per tre ore. Il paziente, come sempre accade al Cardarelli, ha ricevuto il massimo rispetto, nella malattia e, purtroppo, anche nella morte. La direzione strategica provvederà ad intraprendere ogni azione necessaria al fine di evitare che la distorsione dei fatti possa causare un danno di immagine all'azienda ospedaliera”.