"La nomina di Salvatore Romeo? Assolutamente regolare". "La nomina di Renato Marra? Non ho fatto alcuna falsa dichiarazione". Incassato tre settimane fa l'avviso di conclusione delle indagini che la chiamano in causa per il reato di abuso d'ufficio (vicenda Romeo) e per quello di falso documentale (vicenda Marra), Virginia Raggi si presenta in Procura per spiegare in quasi quattro ore di colloquio con il pm Francesco Dall'Olio di non aver commesso alcuna irregolarità nella scelta del suo staff e di aver rispettato la legge. "E' stato un colloquio cordiale, del resto lo avevo chiesto io, sono fiduciosa", ha detto la sindaca ai giornalisti lasciando il Palazzo di Giustizia.
"Sulle nomine nessuna falsa dichiarazione"
Sulla scelta di indicare Romeo a capo della sua segreteria politica, da dipendente del Dipartimento Partecipate quale era, la prima cittadina ha presentato al pm un parere 'pro veritate' del professor Federico Tedeschini, amministrativista, a riprova della piena legittimità di quella nomina fatta in base all'articolo 90 del Testo Unico degli Enti Locali. Quanto alla vicenda legata a Renato Marra (da vicecapo della polizia municipale a capo della Direzione Turismo del Campidoglio), la sindaca ha ribadito di non aver fatto alcuna falsa dichiarazione. La Procura, invece, è convinta che lei abbia dichiarato, contrariamente al vero, con nota scritta indirizzata alla Responsabile anticorruzione del Campidoglio, che il ruolo dell'allora capo del Personale Raffaele Marra (sotto processo per corruzione assieme all'imprenditore Sergio Scarpellini), in relazione alla nomina del fratello Renato, era stato solo di pedissequa esecuzione delle determinazioni da lei assunte.
Cosa direbbero le chat
Le chat invece dimostrerebbero che la Raggi non ha affatto agito in totale autonomia, tanto è vero che non sapeva nulla del salto di stipendio di cui avrebbe beneficiato Renato Marra. La pratica di quest'ultimo - obietta la Procura - è stata curata quasi in esclusiva da Raffaele Marra che, trattandosi del fratello, avrebbe dovuto astenersi. Ecco perché l'ipotesi di abuso d'ufficio è rimasta in piedi per Raffaele Marra mentre è caduta, per insussistenza del reato, per la Raggi. Nei giorni scorsi, però, la sindaca, attraverso i suoi difensori, ha presentato una memoria da cui emerge una verità diversa: a volere fortemente Renato Marra per quell'incarico sarebbe stato l'assessore al Turismo Adriano Meloni. Virginia Raggi, insomma, avrebbe firmato l'ordinanza che ratificava l'esito di una scelta fatta da Meloni in prima persona. Tocca ora alla Procura verificare la circostanza.