Roma - L'ex ad di Veneto Banca, Vincenzo Consoli, è stato arrestato dalla Guardia di finanza nell'ambito di un'inchiesta della Procura della Repubblica di Roma che ipotizza i reati di aggiotaggio e di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza.
Per Consoli i Pm avevano chiesto la cusodia cautelare in carcere ma il Gip non ha ritenuto di applicarla e ha disposto gli arresti domiciliari. Eseguiti dai finanzieri numerose perquisizioni sul territorio nazionale e il sequestro preventivo decine di milioni di euro nei confronti di persone legate a Veneto Banca. Il sequestro ha colpito asset per un ammontare complessivo di 45,425 milioni di euro. A carico di Consoli, che di Veneto Banca è' stato anche il direttore generale, sono stati sequestrati un immobile del valore stimato di 1,8 milioni di euro, oltre a liquidità e titoli. Nell'inchiesta sono indagate altre 14 persone, che hanno subito perquisizioni domiciliari. Tra loro l'ex presidente, Flavio Trinca.
La Procura ha delegato al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria e al Nucleo di Polizia Tributaria di Venezia una serie di accertamenti su condotte di ostacolo che sarebbero state messe in atto per impedire attività di Bankitalia e Consob. Da loro segnalazioni è partita l'indagine. In particolare sono contestate una serie di operazioni (c.d. "baciate") in virtù delle quali era la stessa banca a finanziare importanti clienti perché gli stessi acquistassero azioni del medesimo istituto di credito. Un meccanismo per cui in realtà il cliente "finanziato" deteneva titoli di Veneto Banca per conto della stessa banca.
A volte, secondo gli inquirenti, ciò sarebbe avvenuto anche mediante l' "arruolamento" di compiacenti investitori, disponibili ad intestarsi temporaneamente ingenti quote di obbligazioni subordinate, sollevando la banca dall'onere di detrarne il controvalore dal patrimonio di vigilanza, come invece prescritto dalla Banca d'Italia. Anche in tali casi si trattava, secondo l'acusa, di "parcheggi" temporanei di titoli che, in realta', rientravano nella titolarita' dell'emittente Veneto Banca.
Il tutto sarebbe stato accompagnato dalla concessione di finanziamenti a soggetti in difficoltà economiche, in stato di decozione o comunque non in grado di restituire le somme ricevute, senza un'adeguata verifica della capacità di rimborso da parte dei richiedenti, "all'insegna di un diffuso e sostanziale disinteresse del merito creditizio", sostengono gli investigatori. Con questo sistema - è la tesi di chi indaga - si offriva all'esterno l'immagine di una solidità patrimoniale dell'istituto ben maggiore di quella effettiva, e si ingannava la platea dei risparmiatori e gli altri azionisti, rafforzando così - secondo la ricostruzione, in modo fraudolento - l'immagine della banca e la fiducia nel management. (AGI)