CdV - Papa Francesco risponde con molto garbo alla nuova bordata della Turchia che lo accusa di avere "una mentalità da Crociata" e di averla espressa a Yerevan ripetendo la parola Genocidio per descrivere quanto accaduto al popolo armeno 100 anni fa. "In Argentina - chiarisce alla fine del viaggio incontrando i giornalisti nel volo verso Caimpino - quando si parlava dello sterminio armeno sempre si parlava di genocidio. Nella Cattedrale di Buenos Aires il terzo altare a sinistra ricorda questo con una croce di pietra. Quindi, sono arrivato in Vaticano che non conoscevo un'altra parola. A Roma ho sentito l'altra parola, ma in armeno non so pronunciarla". Cosi' dopo aver ripetuto la frase di Wojtyla nella Basilica di San Pietro il 12 aprile dell'anno scorso, venerdi' Bergoglio è tornato a pronunciare la parola Genocidio nel Palazzo Presidenziale di Yerevan, nell'incontro con le autorità civili. "Dopo aver sentito il tono usato dal presidente e con questo mio passato sarebbe suonato molto strano non dire lo stesso qui", ha rilevato. Ma, tiene a rassicurare Francesco, "mai ho detto questa parola con animo offensivo". E aggiunge: "non so se sia vero ma gli storici sostengono che per spiegare il suo piano sugli ebrei, Hitler avrebbe detto: 'chi si ricorda piu' degli armeni?'".
"Mi dicono - continua il Papa - che no, è offensivo parlare di Genocidio. Ma io sempre ho parlato dei tre genocidi: quello armeno, quello nazista e l'ultimo, quello di Stalin. Alcuni credono che non è vero: non è stato genocidio, parola che ha una sua tecnicità e quindi si puo' dire sterminio non Genocidio, perchè comporta determinate azioni. Ma io ho visto che Giovanni Paolo II ha usato tutte e due le parole. E io ho citato lui. La Turchia ha protestato, ha chiamato l'ambasciatore, che è tornato da poco. C'è stato un digiuno ambasciatoriale. Era un suo diritto. Il diritto alla protesta lo abbiamo tutti". "Credo - ribadisce Francesco ai giornalisti - che ho detto anche 'in questo Genocidio come negli altri due, le grandi potenze internazionali guardavano altrove". "Avevano le foto di Auschwitz e non hanno bombardato le ferrovie. E cosi' dopo Yalta nessuno parla dei lager". è curiosa la mia domanda?", domanda il Papa ai giornaliti ai quali dice anche: "vi ringrazio tanto dell'aiuto, in questo viaggio è importante comunicare bene le cose, anche le buone notizie". E tra queste ne cita una che riguarda la crisi tra Armenia e Azerbaigian per il Nagorno Karabakh: "sono stato molto contento della foto di Putin con i due presidenti, l'armeno e l'azero. 'Almeno parlano', ho pensato", confida il Papa rispondendo a una domanda sulla seconda parte della sua missione di pace in Caucaso, che si concluderà a settembre con le tappe in Azerbaigian e Georgia: "io - promette - parlero' agli azeri della verità, di quello che ho visto e che sento. Ho incontrato - racconta - il presidente dell'Azerbaigian e ho parlato con lui.
Non fare la pace per un pezzattino di terra è oscuro. Forse non si mettono d'accordo sulle modalità. Nel viaggio diro' quello che mi viene dal cuore, ma sempre in positivo, per aiutare le soluzioni". Secondo Francesco, in occasione della sua visita che si è appena conclusa, "il presidente armeno ha parlato chiaro, ha avuto il coraggio di dire mettiamoci d'accordo perdoniamo e guardiamo al futuro. Un coraggio grande da parte di un popolo che ha sofferto molto la cui icona è una croce di pietra, che manifesta una tenerezza di madre con la sua arte, quella musica quei 'quarti toni' tanto difficili e che richiedono tanta genialità". "Solo la fede - riflette ad alta voce il Papa - lo ha mantenuto in piedi. Non basta essere la prima nazione cristiana. L'Armenia ha avuto santi e martiri, quelli appena canonizzati. E il Signore lo ha benedetto donandogli la capacità della eesistenza, con una pelle di pietra e quella tenerezza armena che è tipica di una madre". Conversando con i giornalisti, il Pontefice si è anche lasciato andare a dei ricordi personali. "Ho avuto tanti contatti con gli armeni. Andavo spesso alle loro messe a Buenos Aires. Mi piace stare con gli armeni, andavo a cena con loro anche se - ha scherzato - voi fate cene pesanti. Sono tanto amico dei due arcivescovi armeni di Buenos Aires, quello apostolico e quello cattolico. Ma fra voi piu' importante dell'apostolicità e della cattolicità è l'armenità. Oggi a Yerevan mi ha salutato un argentino che mi sedeva accanto in quelle liturgie per spiegarmi parole e gesti della loro tradizione che io non capivo". (AGI)