Roma - La sera in cui la terra tremo' in Friuli, quel 6 maggio 1976, e' rimasta impressa per sempre nella mente di Giuseppe Zamberletti. E 40 anni dopo, l'uomo che Aldo Moro invio' tra le macerie dell'Orcolat (l'orcaccio, come da quelle parti viene chiamato il terremoto), il 'padre' della Protezione Civile non ha dubbi: quel modello di ricostruzione, ancora oggi ineguagliato, e' figlio della "grande tenacia e serieta'" del popolo friulano. E di una intuizione precisa e in qualche modo preveggente: "rendere i sindaci protagonisti" del futuro delle loro comunita'.
"Ricordo che quel 6 maggio era scesa una sera bellissima, la primavera era dolce e calda", rammenta Zamberletti all'Agi. "Avevo lasciato il Viminale alle otto e trenta per andare a casa. All'epoca ero sottosegretario agli Interni con delega alla polizia e ai vigili del fuoco. Mi raggiunge una telefonata dal prefetto di Udine che mi comunica la notizia di una forte scossa in Friuli. Allora non avevamo i sistemi di oggi, non c'erano i cellulari. Mi dice che il sisma aveva devastato le aree a nord di Udine e mi prega di andare al ministero, dove mi avrebbe raggiunto il ministro Cossiga". "Fu una notte tragica", prosegue Zamberletti. "Man mano che giungevano le notizie, convogliavamo le colonne mobili dei vigili del fuoco. L'esercito era gia' li', in Friuli stazionava il grosso delle nostre forze, poste a guardia del confine a nord-est".
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Trascorsa la notte, l'indomani mattina l'allora presidente del Consiglio, Aldo Moro, e il titolare del Viminale, Francesco Cossiga, "volano subito in Friuli". "Quanto a me, rimango in sala operativa; nella tarda mattinata del 7 mi comunicano la nomina a commissario straordinario" per il terremoto. A Ciampino c'e' gia' in pista un aereo militare. "Arrivo all'aeroporto di Rivolto, in provincia di Udine, e assumo subito la direzione delle operazioni in un contesto che non era ben disegnato. Bisognava improvvisare", ricorda ancora Zamberletti. "Occorreva mettere in moto una macchina molto efficiente e molto tempestiva. Tantissimi feriti si trovavano ancora sotto le macerie".
A poco a poco, con fatica e con orrore, emerge il quadro tragico dell'Orcolat: 989 morti, 3mila feriti, oltre 100mila senza tetto. Devastata un'area di 5700 chilometri quadrati, con 137 comuni coinvolti, di cui 45 classificati come disastrati. "Il sisma in Friuli nel '76 e quello in Irpinia di 4 anni dopo sono stati i due piu grandi terremoti della seconda meta del secolo scorso", sottolinea Zamberletti, che proprio da queste due esperienze trarra' le coordinate per la fondazione della moderna Protezione civile, il cui dipartimento nasce ufficialmente nel 1982.
"La protezione civile e' figlia del terremoto in Friuli: chiedemmo la costituzione di un sistema permanente di allarme e prevenzione che si basasse sullo sviluppo di una politica di protezione e su una struttura di intervento di emergenza ben coordinata e legata alla presidenza del Consiglio dei ministri", spiega. Intanto in Friuli arriva il colpo di grazia, con le scosse del 15 settembre, che costringono oltre 100mila persone ad abbandonare le zone disastrate. Zamberletti organizza l'esodo verso la costa adriatica dove in pochi giorni si mette a punto la grande macchina dell'ospitalita'. Nonostante una lunga serie di scosse di assestamento, la ricostruzione parte rapida ed efficiente. I friulani si rialzano subito in piedi.
E' qui che entra in gioco la decisione strategica di "designare i sindaci come responsabili del sistema di protezione civile: quella fu una nostra intuizione", rivendica Zamberletti. Una scelta in un certo senso pioniera della devolution che verra'. "Il segreto del successo fu la scelta dei sindaci. La regione Friuli rese i primi cittadini i veri protagonisti della ricostruzione. I sindaci decidevano con la popolazione tutta l'attivita' di ricostruzione. Seguendo una tesi ben precisa: ricostruire i centri dov'erano e com'erano. Ovviamente con costruzioni anti-sismiche". E se le giuste intuizioni tracciarono il camino, il formidabile carattere dei friulani fece il resto.
"Mi colpirono la grande tenacia, la grande serieta' del popolo friulano", ricorda ancora Zamberletti. "Il sisma si era verificato durante la campagna elettorale per le elezioni politiche. E i friulani furono costretti a votare sotto le tende. Ma ci fu una collaborazione incredibile da parte dei partiti, non avvenne la strumentalizzazione che si poteva immaginare. Il senso di responsabilita' aveva contagiato tutti e anche la politica nazionale si adeguo'. Ero stupito. Oggi forse le cose sono un po' diverse..". (AGI)