Lesbo - Papa Francesco torna da Lesbo e si porta via tre famiglie di rifugiati siriani musulmani dalla 'palude' del campo profughi dell'isola greca, dove molti vivono nel terrore di essere condotti in Turchia contro la loro volontà è un gesto dirompente ed emblematico. Ma a cose fatte il Papa getta acqua sul fuoco. "Tre governi, quello italiano, quello greco e il Vaticano, hanno esaminato le carte ed era tutto in regola. Questi rifugiati sono accolti dal Vaticano, con la collaborazione della Comunità di Sant'Egidio e si aggiungono alle 2 famiglie siriane che sono già ospitate dalle nostre due parrocchie", spiega conversando con i giornalisti nel volo di ritorno. Francesco tiene cioè a mettere bene in chiaro che portare con sé i 12 profughi siriani (6 dei quali minorenni di 2, 6, 7, 8, 15 e 17 anni) non presta il fianco a attacchi di tipo polemico.
"Prima di tutto - ha scandito - non c'è alcuna speculazione politica, io non conosco bene questi accordi con la Turchia. L'iniziativa di portarli con me e' stata una cosa puramente umana. L'idea è venuta a un mio collaboratore e io ho accettato subito perché ho capito che era lo Spirito Santo a suggerirla. Sono tutti musulmani ma non ho fatto una scelta. Questi avevano le carte in regola, invece c'erano due famiglie cristiane che non le avevano"
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All'andata, sull'aereo che lo portava a Lesbo, Francesco ha definito "triste" la visita all'isola greca divenuta l'approdo dei disperati in fuga da guerre e miseria, che sono oggi a rischio di essere portati in Turchia contro la loro volontà. "Quello di oggi è un viaggio un po' diverso dagli altri" segnato com'è dalla tragedia dei profughi che fuggono dalle guerre e dalla miseria: la catastrofe umanitaria più grande dopo la Seconda Guerra Mondiale", ha detto per confidare i suoi sentimenti ai giornalisti che lo hanno accompagnato nel suo pellegrinaggio a Lesbo, 13esimo fuori dall'Italia dall'inizio del Pontificato.
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"Nei viaggi apostolici si fanno tante cose, c'è sempre la gioia dell'incontro. Oggi no. E' un viaggio segnato dalla tristezza", spiega. "Tanta gente che soffre, non sa dove andare, ha dovuto fuggire. Andremo anche a un cimitero: il mare. Tanta gente è annegata".
I profughi non sono numeri, sono persone: sono volti, nomi, storie, e come tali vanno trattati.
— Papa Francesco (@Pontifex_it) 16 aprile 2016
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E nel comunicato congiunto - firmato con il patriarca ecumenico Bartolomeo I e l'arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieoronimos - torna il riferimento alla guerra che ha squassato il Vecchio Continente e si e' conclusa esattamente 70 anni fa. "L'Europa oggi - scrivono i capi delle Chiese - si trova di fronte a una delle più serie crisi umanitarie dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Per affrontare questa grave sfida, facciamo appello a tutti i discepoli di Cristo, perché si ricordino delle parole del Signore, sulle quali un giorno saremo giudicati: 'Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli piu' piccoli, l'avete fatto a me".
Sanders, ho incontrato Francesco prima della partenza
Papa Francesco ha espresso il desiderio di riportare con sé, in Vaticano, dieci migranti in condizioni più vulnerabili. Lo ha reso noto l'organismo greco di coordinamento della politica migratoria. La decisione trova conferma nella scelta di non far salire sull'aereo la consueta delegazione di 70 giornalisti di tutto il mondo ma solo 45. Lo scorso settembre Papa Francesco ha chiesto a tutte le 25mila parrocchie italiane di accogliere almeno una famiglia di profughi. Ed egli stesso ha deciso che le due parrocchie del Vaticano diano il buon esempio accogliendo una famiglia quella di Sant'Anna, e due nuclei quella della Basilica di San Pietro.
All'arrivo nell'aerostazione c'è anche il tempo per un colloquio a quattr'occhi (più interprete). Ma - come ha precisato il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi - quella di oggi "non è una visita politica ma umanitaria ed ecumenica". Tsipras ha voluto dire grazie a Papa Francesco "per il suo messaggio contro la guerra. E per invocare l'accoglienza In un momento in cui altri leader cristiani alzano le barriere in Europa".
Il Pontefice si è recato al campo profughi di Moria dove lo attendevano, all'esterno del tendone che ospiterà l'incontro, 150 piccoli profughi non accompagnati. Con ognuno di loro Francesco ha scambiato una stretta di mano e qualche parola. Alcuni ragazzi hanno consegnato a Francesco dei biglietti con invocazioni di aiuto. Il Papa è stato affiancato quasi subito dai due "fratelli ortodossi" il patriarca ecumenico Bartolomeo I e l'arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronimo che sembra il più anziano dei tre e si appoggia ad un bastone. Il patriarca di Costantinopoli ad un certo punto ha preso in braccio un neonato e lo ha alzato perché tutti potessero vederlo, come segno di speranza nel futuro.
Imploro mondo a rispondere degnamente a crisi profughi
"Richiamare l'attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione". Questo lo scopo che Papa Francesco ha voluto attribuire al suo pellegringgio a Lesbo, compiuto insieme ai due "fratelli ortodossi": il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I e l'arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Hieronimo. "Come uomini di fede - ha detto Francesco a nome di tutti e tre - desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro. Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità". Secondo Bergoglio, però, "queste crisi possono far emergere il meglio" di ciascuno come testimoniano gli stessi migranti e "il popolo greco, che ha generosamente risposto ai bisogni pur in mezzo alle sue stesse difficolta'". "Lo avete visto - ha osservato rivolto ai profughi - anche nelle molte persone, specialmente giovani provenienti da tutta l'Europa e dal mondo, che sono venute per aiutarvi". E ha continuato: "Moltissimo resta ancora da fare. Ma ringraziamo Dio che nelle nostre sofferenze non ci lascia mai soli. C'è sempre qualcuno che può tendere la mano e aiutarci. Questo - ha scandito il Papa - è il messaggio che oggi desidero lasciarvi: non perdete la speranza! Il più grande dono che possiamo offrirci a vicenda è l'amore: uno sguardo misericordioso, la premura di ascoltarci e comprenderci, una parola di incoraggiamento, una preghiera". "Possiate condividere questo dono gli uni con gli altri", ha auspicato il Papa citando l'episodio evangelico del Buon Samaritano, "uno straniero che vide un uomo nel bisogno e immediatamente si fermo' per soccorrerlo. Per noi - ha spiegato - e' una parabola che si riferisce alla misericordia di Dio, la quale si rivolge a tutti. Lui e' il Misericordioso. E' anche un appello a mostrare quella stessa misericordia a coloro che si trovano nel bisogno". "Possano tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle in questo continente, come il Buon Samaritano, venirvi in aiuto in quello spirito di fraternita', solidarieta' e rispetto per la dignita' umana, che ha contraddistinto la sua lunga storia", ha esortato infine senza citare direttamente l'accordo firmato dalla Ue che prevede di portare i migranti in Turchia contro la loro volonta'.
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Asciuga lacrime migranti, sono qui per stare con voi
Ha asciugato molte lacrime Papa Francesco, al campo profughi di Moria. Parecchi migranti infatti sono scoppiati a piangere quando è stato il loro turno di salutare il Papa. Uno dei migranti, un uomo di colore, ha trattenuto a lungo la mano del Pontefice bagnandola con il suo pianto. Alla grande sofferenza dei 2490 uomini, donne e bambini che vi sono ospitati, Francesco ha fatto riferimento nel suo intervento, "Cari amici - ha spiegato - oggi ho voluto stare con voi. Voglio dirvi che non siete soli. In questi mesi e settimane, avete patito molte sofferenze nella vostra ricerca di una vita migliore. Molti di voi si sono sentiti costretti a fuggire da situazioni di conflitto e di persecuzione, soprattutto per i vostri figli, per i vostri piccoli".
"Avete fatto grandi sacrifici per le vostre famiglie. Conoscete il dolore di aver lasciato dietro di voi tutto cio' che vi era caro e, quel che e' forse piu' difficile, senza sapere che cosa il futuro avrebbe portato con sé", ha continuato ricordando che "anche molti altri si trovano in campi di rifugio o in città, nell'attesa, sperando di costruire una nuova vita in questo continente". "Sono venuto qui con i miei fratelli, il patriarca Bartolomeo e l'arcivescovo Hieronimos - ha confidato loro il Papa - semplicemente per stare con voi e per ascoltare le vostre storie. Siamo venuti per Dio ha creato il genere umano perché formi una sola famiglia; quando qualche nostro fratello o sorella soffre, tutti noi ne siamo toccati. Tutti sappiamo per esperienza quanto è facile per alcune persone ignorare le sofferenze degli altri e persino sfruttarne la vulnerabilità".
Europa ricordi sua storia solidarietà
"Possano tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle in questo continente, come il Buon Samaritano, venirvi in aiuto in quello spirito di fraternità,solidarietà e rispetto per la dignità umana, che ha contraddistinto la sua lunga storia": cosi' il Papa, nel suo discorso al campo profughi di Moria, sull'isola di Lesbo, ha esortato l'Europa, richiamando la parabola di "uno straniero che vide un uomo nel bisogno e immediatamente si fermo' per soccorrerlo". Francesco non ha citato direttamente l'accordo firmato dalla Ue che prevede di portare i migranti in Turchia contro la loro volonta', ne' le barriere poste ai confini da alcuni Paesi, ma ha sottolineato "il piu' grande dono chepossiamo offrirci a vicenda e' l'amore: uno sguardo misericordioso, la premura di ascoltarci e comprenderci, una parola di incoraggiamento, una preghiera".
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Una corona d'alloro in mare per non dimenticare
"Da quando Lesbo è diventata un approdo per tanti migranti in cerca di pace e di dignità, ho sentito il desiderio di venire qui. Oggi ringrazio Dio che me lo ha concesso". Poco prima di ripartire per Roma, parlando alla popolazione nel porto di Mitilene, Papa Francesco ha fatto questa confidenza per poi ringraziare il presidente Pavlopoulos per averlo invitato. Quindi Francesco, il patriarca Bartolomeo e l'arcivescovo Hieronimos hanno lanciato in mare ciascuno la sua corona d'alloro per ricordare le migiaia di migranti e profughi che sono affogati nel tentativo di raggiungere questo lembo d'Europa, paradiso per i villeggianti, inferno ormai per chi vi sbarca avendo spesso perduto tutto (e anche i suoi figli piccoli) e si trova ora sotto la minaccia di essere portato in Turchia contro la sua volontà. "Vorrei esprimere la mia ammirazione al popolo greco che, nonostante le gravi difficoltà da affrontare, hanno saputo tenere aperti i cuori e le porte. Tante persone semplici hanno messo a disposizione il poco che avevano per condividerlo con chi era privo di tutto". Francesco ha poi definito "benedetta la presenza generosa di tanti volontari e di numerose associazioni, che, insiemealle diverse istituzioni pubbliche, hanno portato e stanno portando il loro aiuto, esprimendo nel concretouna vicinanza fraterna".
"Oggi - ha continuato- vorrei rinnovare un accorato appello alla responsabilità e alla solidarietà di fronte a una situazione tanto drammatica. Molti profughi che si trovano su quest'isola e in diverse parti della Grecia stanno vivendo in condizioni critiche, in un clima di ansia e di paura, a volte di disperazione per i disagi materiali e per l'incertezza del futuro". E se "le preoccupazioni delle istituzioni e della gente, qui in Grecia come in altri Paesi d'Europa, sono comprensibili e legittime, tuttavia non bisogna mai dimenticare che i migranti, prima di essere numeri, sono persone, sono volti, nomi, storie". "L'Europa - ha ricordato Francesco - è la patria dei diritti umani, e chiunque metta piede in terra europea dovrebbe poterlo sperimentare, così si renderà più consapevole di doverli a sua volta rispettare e difendere". Purtroppo alcuni, tra cui molti bambini, non sono riusciti nemmeno ad arrivare: hanno perso la vita in mare, vittime di viaggi disumani e sottoposti alle angherie di vili aguzzini". Secondo Francesco, dunque, "occorre sviluppare politiche di ampio respiro, non unilaterali. Prima di tutto è necessario costruire la pace là dove la guerra ha portato distruzione e morte, e impedire che questo cancro si diffonda altrove. Per questo bisogna contrastare con fermezza la proliferazione e il traffico delle armi e le loro trame spesso occulte; vanno privati di ogni sostegno quanti perseguono progetti di odio e di violenza". Va invece promossa senza stancarsi la collaborazione tra i Paesi, le Organizzazioni internazionali e le istituzioni umanitarie, non isolando ma sostenendo chi fronteggia l'emergenza. In questa prospettiva rinnovo l'auspicio che abbia successo il Primo Vertice Umanitario Mondiale che avrà luogo a Istanbul il mese prossimo". "Tutto questo - ha concluso - si può fare solo insieme: insieme si possono e si devono cercare soluzioni degne dell'uomo alla complessa questione dei profughi. E in questo è indispensabile anche il contributo delle Chiese e delle comunità religiose". (AGI)