Roma - Il business delle agromafie ha superato i 16 miliardi di euro nel 2015. Il dato emerge dal quarto "Rapporto sui crimini agroalimentari" in Italia elaborato da Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalita' nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, presentato oggi a Roma.
Per raggiungere l'obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio, ma anche a furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Con i classici strumenti dell'estorsione e dell'intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si appropriano di vasti comparti dell'agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l'imprenditoria onesta, ma compromettono in modo grave la qualita' e la sicurezza dei prodotti, con l'effetto indiretto di minare profondamente l'immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy.
Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, a margine della presentazione del Rapporto, ha affermato: "I numeri del fatturato delle agromafie mi preoccupano molto, l'anno scorso infatti in questa sede assumemmo l'impegno di avviare lavoro per innovare la normativa su questo fronte. Questo lavoro ormai e' in dirittura d'arrivo". Il ministro ha spiegato: "Ci stiamo confrontando con gli stakeholder per le ultime limature e poi proporrò un ddl complessivo con il ministro Martina per rafforzare gli strumenti di contrasto in questo senso, intrecciandola ad un'altra normativa che e' quella per il contrasto al caporalato, perche laddove c'e' mafia c'e' contraffazione e anche sfruttamento del lavoro".
Gli aspetti patologici dell'indotto agroalimentare, come la lievitazione dei prezzi di frutta e verdura fino a 4 volte nella filiera che va dal produttore al consumatore, sono la conseguenza non solo dell'effetto dei monopoli, ma anche delle distorsioni e speculazioni dovute alle infiltrazioni della malavita nelle attivita' di intermediazione e trasporto, secondo l'analisi della Direzione investigativa antimafia. Segnalato un fenomeno nuovo e preoccupante: le turbolenze del sistema bancario aumentano i capitali puliti che, alla ricerca di una migliore remunerazione, si indirizzano verso l'economia sporca, con il cosiddetto "money dirtying" che è esattamente speculare al fenomeno del riciclaggio nel quale i capitali sporchi affluiscono nell'economia sana.
Il tema del riutilizzo dei beni sequestrati alla mafia "e' un tema centrale, e continuo a credere che il riutilizzo dei beni delle mafie sia essa stessa un'attivita' antimafia, perche' si lanciano messaggi chiarissimi sulla capacita' dello Stato di intervenire nella lotta alle mafie facendo meglio delle mafie". Lo ha affermato Raffaele Cantone, presidente dell'Autorita' anti corruzione - Anac, a margine della presentazione del IV rapporto Agromafie di Coldiretti ed Eurispes."In Campania ci sono questi problemi, e purtroppo anche in Calabria e in Sicilia - aggiunge - bisogna avere anche il coraggio di fare scelte molto chiare, ad esempio si dovrebbe avere il coraggio, su alcuni beni che non sono utili, di prevedere anche meccanismi di dismissione e di lavorare meglio sui beni in una funzione che credo debba essere sempre piu' di start up economica". (AGI)