Se si farà, il muro ipotizzato da Salvini non sarà di 243 km bensì di 232. Tanto è infatti lungo, per l’esattezza, il confine che separa il Friuli-Venezia Giulia dalla Slovenia. In un territorio non facile da scavare, spesso arido, a tratti alberato, prevalentemente roccioso. Vaghe stime parlano di un costo di 2 miliardi di euro. E se ancora nessuno è in grado di definirlo con precisione, un muro è comunque un muro.
Di cemento, a pannelli modulari incastrati uno nell’altro, o di mattoni. Presumibilmente alto, con il filo spinato che corre in cima. Ma non è nemmeno detto che sia di cemento e che corra, più o meno lineare, lungo tutti i 232 km. Potrebbe essere anche costruito solo nei punti nevralgici, dove i passaggi dei migranti provenienti da Est sono più frequenti. Sarà forse grigio e non certo colorato, anche se non si esclude che un domani possa essere l’oggetto delle attenzioni di writers o street artist. Non ci saranno però i sacchi di sabbia come nei check point berlinesi ma potrebbe essere costituito anche da rotoli di filo spinato. Tutte illazioni, per ora. Ma l'ipotesi c'è, forse qualcosa di più.
C'è l’ipotesi di sospendere il Trattato di Schengen, ma anche quella, concretissima, di tornare a intensificare i controlli di frontiera, inizialmente attraverso una più capillare diffusione di uomini di polizia o dell’esercito tra Friuli-Venezia Giulia e Slovenia. Tra gli alberi del Carso sopra Trieste, per contrastare e arginare gli ingressi clandestini che settimanalmente arriverebbero attraverso i boschi. Perché di recente si è riaperta la “rotta balcanica” di quanti si muovono da Est per entrare in Europa. Ma c’è anche l’idea di costruire un vero e proprio muro di separazione al confine per tentare di fermarli.
Attualmente “si parla di un’ottantina di persone al giorno ma è un numero difficile da stabilire. Ci sono giorni in cui ne arrivano 100, altri in cui non ne arriva nessuno dice il Presidente della Regione Massimiliano Fedriga nell’intervista odierna all’edizione cartacea di Libero. Insomma, “un muro o altro” aveva detto a Il Fatto. Ipotesi allo studio.
E, paradossalmente, l’ipotesi della “cortina di ferro” riprende quota a quindici anni di distanza dalla notte del 2004 quando sulla piazza della Transalpina, a Gorizia, l’allora presidente della Commissione europea Romano Prodi chiamò a festeggiare l’eliminazione della rete che divideva la città da Nova Gorica per l’ingresso della Slovenia nella Ue. E ora, invece, c’è la concreta possibilità che a poca distanza da quella piazza ci si possa ritrovare a fare i conti con la costruzione di nuove barriere di separazione.
“A luglio partiranno i pattugliamenti misti con gli sloveni – ha ricordato il vicepremier Salvini solo pochi giorni fa, il 26 di giugno – ma se il flusso dei migranti non dovesse arrestarsi, a mali estremi, estremi rimedi: non escludiamo la costruzione di barriere fisiche alla frontiera come hanno fatto altri Paesi”, ha poi avvertito.
In pratica un “sistema di muri” capace di ridurre drasticamente i flussi. Qualcosa di simile a quel che ha realizzato già da tempo in Ungheria Viktor Orban. Oppure a quel muro longitudinale che sta realizzando Donald Trump fra Stati Uniti e Messico.
Tuttavia “esiste un precedente assai più prossimo al Nordest italiano”, si può leggere sull’edizione cartacea de Il Gazzettino di Venezia dello scorso 27 giugno. “È stata infatti la stessa Slovenia, dimostratasi particolarmente sensibile al problema dell’immigrazione irregolare, a srotolare decine di chilometri di filo spinato lungo la frontiera infracomunitaria con la Croazia, già in occasione della prima emergenza determinata dalla rotta balcanica” scrive il quotidiano del nordest. L’iniziativa del filo spinato, ora solo parzialmente rientrata, ha per altro “riguardato in particolare la zona del fiume istriano Dragogna, che marca il confine fra i due Paesi della ex Jugoslavia.
Diversamente dal confine di Trieste, quella fra Slovenia e Croazia è ancora oggi una frontiera esterna dell’Area Schengen, considerato che Zagabria si aspetta solo entro il secondo semestre dell’anno di essere inglobata e di vedersi spostare, di conseguenza, la frontiera Ue ai confini con la Bosnia Erzegovina e la Serbia. Ma da dove passano i migranti?
Arrivano da vari punti, anche se negli ultimi tempi la meta preferita dai passeur abbraccia la zona della Val Rosandra, ovvero l’incantevole oasi naturalistica e alpinistica che si trova alle porte di Trieste e che fin dall’alto Medioevo è stata una via di traffici leciti e non. Ora la prossima settimana la collaborazione tra le autorità e le forse di polizia italiane e slovene diventerà quotidiana e sulla falsariga di quanto è già stato fatto lungo il confine con l’Austria con l’utilizzo della sorveglianza di pattuglie miste. Quanto alla Croazia, invece, più volte il suo governo è stato invitato dalle autorità europee a esercitare un controllo più accurato sui propri confini esterni. Invito che ora può rivelarsi come prova generale in vista della sua possibile duplice ammissione nell’area Schengen e in quella dell’euro si legge ancora su Il Gazzettino.
Dopo Salvini, l’ipotesi è stata rilanciata anche dal Presidente della Regione Friuli Fedriga, che ieri a 1/2 ora in più di Lucia Annunziata su Raitre ha fatto una mezza marcia indietro parlando di “licenza poetica” sui 243 km, ipotizzando semmai “barriere nei boschi carsici del confine triestino per impedire ai clandestini di entrare nel nostro territorio. Abbiamo un confino molto esteso, una parte montana difficilmente valicabile e una parte facile da passare”.
In prima battuta si confida quindi che il pattugliamento italo-sloveno misto che inizia oggi lungo la fascia di confine delle province di Trieste e Gorizia, sul fronte italiano, e di Capodistria e Nova Gorica, su quello sloveno possa dare i suoi frutti positivi. Niente militari per il momento, ma solo polizia di frontiera dei due Paesi. Per “sigillare” l’ingresso da Est. Poi si vedrà.
“Giuseppe Conte è radicalmente contrario”, si legge oggi sull’edizione cartacea del Corriere della Sera. “Per il presidente del Consiglio il muro in stile Trump e Orbán, vagheggiato dalla Lega per fermare i migranti al confine tra Italia e Slovenia – si legge – semplicemente ‘non si può fare’. Allo stesso modo la pensa il capo politico dei 5 Stelle Luigi Di Maio, che ha affidato al deputato giornalista Emilio Carelli il compito di stoppar e i piani degli alleati”. “Per adesso è soltanto un’ipotesi», ha spiegato Salvini ai dirigenti del partito. “Ma un’ipotesi assai concreta, visto che in settimana ne parlerà con Fedriga al Viminale. E sulle stesse colonne l’intellettuale e scrittore triestino Claudio Magris scrive di muro “che fa tornare i fantasmi del passato”.