Migrazioni e accoglienza. Temi interconnessi che continuano ad essere di attualità e non possono essere gestiti dai singoli Stati, ma dall’intera comunità europea. Cooperazione in rete, www.link2007.org – a cui aderiscono 13 tra le più grandi Ong italiane - ha reso pubblico un documento nel quale chiede un cambio di passo al nuovo governo italiano. Un cambio di passo che non ha, nei suoi intenti, l’accoglienza indiscriminata di chiunque decida di emigrare, ma che suggerisce regole chiare per chi arriva e chi è accolto. Tenendo ben presente che salvare vite umane è un dovere e un imperativo. E che non è né giusto né onesto affermare “apriamo le porte e accogliamoli tutti, producendo tra l’altro uno scontato e pericoloso effetto opposto, difficilmente governabile, come abbiamo verificato in questi ultimi anni”.
Il documento “Governo dell’immigrazione. Non si ricominci da capo né si improvvisi” innanzitutto chiede che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si faccia promotore di una mozione parlamentare che “modifichi il precedente impegno a non sottoscrivere” il Global Compact. Secondo le Ong sarebbe un “considerevole segnale politico alla comunità internazionale e di serietà e credibilità dell’Italia”.
Il Patto Globale può rappresentare “il denominatore condiviso – scrivono le Ong – su cui poter basare le politiche dell’Unione europea per il governo della realtà migratoria. Disegna infatti il filo conduttore su cui poggiare decisioni comuni, pur nelle legittime differenti scelte e modalità operative dei singoli Stati”.
Particolare attenzione è posta alla modifica del trattato di Dublino. Le Ong spiegano che la proposta di revisione approvata dal Parlamento europeo nel novembre del 2017, “tende a coniugare solidarietà e fermezza e risponde assai bene alle esigenze italiane”. Questa riforma, tuttavia, è bloccata dal Consiglio europeo, perché è richiesta l’unanimità degli stati membri.
Le Ong, in tal senso, fanno propria la proposta di un atto politico di rottura fatta dell’ex presidente del Consiglio, Enrico Letta, e scrivono: “Se il trattato di Dublino non può essere modificato a causa del veto, nonostante l’evidente inadeguatezza alla realtà odierna, servirà un atto politico di rottura. Si tratterebbe di uscire da tale trattato insieme alla parte riformatrice degli Stati europei, vanificando quindi l’efficacia del veto, e contemporaneamente firmare un nuovo trattato tra i Paesi che ci stanno, secondo le linee proposte dal Parlamento europeo”. Se la regola dell’unanimità blocca le decisioni europee “impedendo qualsiasi riforma – sottolineano le Ong – se la piena competenza degli Stati membri in materia migratoria limita le decisioni comuni, è compito degli Stati più illuminati trovare le modalità politiche per superare” gli ostacoli.
Le Ong, inoltre, chiariscono che non “tutti gli immigrati fuggono dalla guerra, dalle calamità, dalla fame. Occorre prenderne atto”. Per questo è necessario ristabilire ”precise e chiare” regole per gli ingressi, “nel rispetto dei diritti umani e della dignità della persona. Questa per Link 2007 è la via “maestra per combattere l’irregolarità e per permettere un’adeguata accoglienza e integrazione. Solo l’apertura di ingressi regolari può legittimare opzioni politiche di fermezza contro l’immigrazione incontrollata”.
La rete delle Ong, infine, affronta il tema dei partenariati internazionali. “La via intrapresa dall’Italia e dall’Unione europea degli accordi con i principali paesi di provenienza e di transito dei migranti dovrà essere rafforzata e perfezionata in una prospettiva di lungo termine, non a senso unico ma a reale vantaggio reciproco, con positive ricadute sulla popolazione e lo sviluppo delle comunità”. In una frase. Garantire “il diritto di non essere obbligato a emigrare”. Per questo la Cooperazione internazionale, nelle “sua articolazioni nazionali e internazionali, può avere un ruolo primario a sostegno di questo processo”.
Se si considera, poi, che la popolazione dell’Africa raddoppierà nei prossimi trent’anni arrivando a 2,5 miliardi, con un’ampia maggioranza di giovani, in gran parte istruiti e pronti al lavoro, di fronte al continente europeo in calo demografico e invecchiato, politiche chiare e di lungo respiro – l’orizzonte deve essere di 30 anni - su questi temi , diventano sempre più urgenti e necessarie.